Rubrica religiosa settimanale a cura di P. Salvatore Brugnano
Pensieri sparsi per nutrire la mente e l’anima durante la settimana
Maggio 2011, terza settimana: 15-21 maggio
1. Vangelo della domenica 15 maggio – Domenica 4 di Pasqua – Anno A – Io sono la porta delle pecore.
2. Aspetti della vita – 48a Giornata di Preghiera per le Vocazioni.
3. Un incontro con S. Alfonso – Il Missionario del Popolo.
4. Vivere la settimana con la liturgia = 16-21 maggio 2011.
5. Curiosità calabresi del passato = La festa de “I tri da Cruci” in Tropea /3.
1. Vangelo della domenica – (Gv 10,1-10)
Io sono la porta delle pecore.
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. – Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
La IV Domenica di Pasqua presenta Cristo risorto, Buon Pastore, guida del suo gregge, porta dell’ovile, pietra che i costruttori hanno scartata ma che Dio ha posto come pietra angolare, Colui che ci ha dato l’esempio perché ne seguiamo le orme. C’è una evidente contrapposizione, nel testo del vangelo (Gv 10,1-10), tra Gesù Pastore buono e coloro che vengono definiti ladri e briganti, cioè tutti coloro che sono venuti per compiere una missione opposta a quella del Cristo. Il servizio del pastore, invece, esclude ogni forma di potere e interesse: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Il Pastore, innamorato del suo gregge, sente le zanne dei lupi che incombono e sta in guardia perché ogni pecora gli è cara, all’interno e all’esterno dell’ovile. Per Dio non esiste la massa, per lui esistiamo uno ad uno. Spesso per lui è proprio l’uno che conta e per quell’uno lascia le 99 pecore al sicuro. La voce del Pastore risuona oggi nella Chiesa che celebra la 48a Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni. Il Pastore continua a chiamare chi voglia collaborare con lui a compiere la sua stessa missione. (Sr Emmanuela Viviano, in “La Domenica”).
Gesù si presenta come il Mediatore tra Dio e gli uomini. Egli è “la porta” dell’ovile. Non ci è dato di incontrare Dio in modo immediato. Non possiamo stabilire noi il modo in cui comunicare con lui. Dio si rivela e si dona a noi attraverso il Cristo che vive nella Chiesa. Raggiungiamo la comunione con lui mediante la strumentalità della Chiesa in cui è presente e opera Cristo.
Gesù non è soltanto il Mediatore del disvelarsi e dell’offrirsi di Dio a noi. È la realtà stessa del Verbo divino che ci raggiunge, ci illumina con la fede, ci trasforma con la grazia, ci guida con la sua parola, i suoi sacramenti e la sua autorità.
Egli è la “porta” e il “Pastore” che “cammina innanzi” alle pecore. Gesù, come Buon Pastore, ci conosce per nome, ci ama e per noi offre la propria vita in una dilezione che si spinge sino alla fine. Noi credenti siamo chiamati ad “ascoltare la sua voce” e a “seguirlo” senza porre condizioni. Egli ci reca al “pascolo”. È la croce, dopo la quale, però, giunge la gioia senza limiti e senza fine: una gioia che ha le sue anticipazioni anche nell’esistenza terrena. (La Chiesa.it)
2. Aspetti della vita – 15 maggio: 48a Giornata di Preghiera per le Vocazioni
Verificare i doni ricevuti e condividerli con umiltà
In questa IV domenica di Pasqua, “domenica del buon Pastore”, si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che ebbe inizio, con profetica intuizione, con papa Paolo VI nel 1964. Il tema che il Papa propone alla riflessione e alla preghiera delle comunità cristiane è «L’annuncio vocazionale nella chiesa locale». Ciò significa riscoprire la comunità cristiana come una fuoco che arde e dona luce e calore, esprimendo con gioia la propria interiore vitalità e coerenza di vita.
Lo slogan scelto dal Centro Nazionale Vocazioni – CEI, (“Verificare i doni ricevuti e condividerli con umiltà“) prende lo spunto dal Vangelo di Marco 6,33-44, in cui si racconta il miracolo della “moltiplicazione dei pani e dei pesci”. «Quanti pani avete? Andate a vedere…» (Mc 6,38) – E’ un invito rivolto a ciascuno e a tutta la comunità per verificare i pani (cioè i doni ricevuti!), di cui ognuno è portatore, in un cammino di discernimento e di condivisione umile, disponibile e feconda.
Il vero problema del nostro mondo non è solo la povertà del pane (che comunque drammaticamente esiste!), ma è soprattutto la povertà di quel lievito che possa essere fermento di Dio capace di sollevare ogni vita. Per questo invochiamo oggi il Signore, affinché doni il pane a chi ha fame, ma susciti anche la fame di Lui che possa esprimersi in scelte di vita coraggiose, totali e radicali per vivere la pienezza dell’Amore e del Dono. (Nico Dal Molin, Direttore Centro Nazionale Vocazioni).
3. Un incontro con S. Alfonso
Il Missionario del Popolo
S. Alfonso portò l’ opera delle Missioni portò a tale perfezione, che giustamente fu chiamato il vero Missionario de’ nostri tempi. Ecco il metodo usato da Lui, che scrupolosamente tuttora si osserva nella sua Congregazione. Avendo di mira tutti i ceti di persone non ha tralasciato mezzo per tirare tutti a Dio.
Nel suo metodo vuole dunque che giunti i missionarj in un paese, o città si faccia una introduzione per annunziare la venuta de’ Missionarj. Comanda che per due o tre sere si facciano i sentimenti di notte [fervorini] nelle pubbliche piazze, per invitare tutto il popolo a concorrere in Chiesa. Ordina che tutti i Missionarj siano prontissimi nell’ubbidire al Superiore della missione, e mentre si applicano all’altrui salvezza non debbano tralasciare gl’interessi dell’ anima propria; per cui tutti debbono farsi mezz’ora di orazione mentale al giorno, ed un quarto d’ora di visita al Sacramento, ed un’ora per la celebrazione della Messa col dovuto apparecchio, e ringraziamento.
Gli esercizj da farsi in Chiesa saranno i seguenti.
1. La predica ben presto la mattina principalmente per comodo dei giornalieri della campagna.
2. Sei ore di Confessione in ogni mattina.
3. La dottrina Cristiana in ogni giorno per istituire i ragazzi a poter ricevere i Sacramenti.
4. Una breve istruzione sulla divozione della Vergine per impegnarla alla conversione de’ peccatori.
5. Il Catechismo grande sul Sacramento della penitenza.
6. La predica grande a tutto il popolo.
7. Ai soli uomini un sentimento per indurli alla penitenza dei propri peccati.
8. Gli esercizj particolari agli Ecclesiastici per otto giorni.
9. Gli esercizj anche particolari ai gentiluomini per giorni otto.
10. Le Comunioni distribuite per le varie età, e sessi, oltre di tante piccole pratiche che qui si tralasciano.
Vuole il Beato Alfonso che i suoi Missionarj prima di salire in pulpito innanzi al Sacramento si preparano coll’orazione.
Si prescrive la regola del vitto, cioè due cose nel pranzo della mattina, e due nella cena della sera. Si prescrivono sette ore di riposo; finalmente tutto ciò che può concernere all’ edificazione dei popoli tutto è ordinato da lui, e ne è incaricato della vigilanza il Superiore della missione. Questo metodo perfezionato dal Beato Alfonso più colla Sapienza Divina, che colle umane speculazioni, lo condusse al fine nel 1760 quando si determinò di dare alle stampe un operetta intitolata: Breve istruzione degli esercizj di missione, avendo di età anni 64. (da Pier Luigi Rispoli, Sacra novena in onore del B. Alfonso Maria de’ Liguori, Napoli 1830).
4. Vivere la settimana con la liturgia = (16-21 maggio) – Liturgia delle Ore: IV settimana (di Pasqua)
16 maggio (lunedì) – Colore liturgico: bianco.
– Pensiero dalle letture bibliche di oggi = L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente. – Gesù è “buon pastore” e non vile mercenario per tre motivi: ci conosce in profondità, non ci abbandona nel momento del pericolo, ha dato e dona la sua vita per noi. Preghiamo perché tutti i pastori della Chiesa ne siano autentica immagine.
– Letture bibliche alla Messa di oggi = Atti 11,1-18; Salmo 41,2-3 e 42,3-4; Giovanni 10,11-18.
– Santi di oggi = Santa Gemma Galgani; Sant’Onorato; Beato Simone Stock; San Luigi Orione.
17 maggio (martedì) – Colore liturgico: bianco.
– Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Genti tutte, lodate il Signore. – Chi appartiene al gregge del Signore, cioè chi sono i suoi veri discepoli? Gesù ne svela le caratteristiche: essi ascoltano la sua voce, lo seguono, sono al sicuro tra le sue braccia.
– Letture bibliche alla Messa di oggi = Atti 11,19-26; Salmo 86,1-7; Giovanni 10,22-30.
– Santi di oggi = San Pasquale Baylon; Beata Giulia Salzano.
18 maggio (mercoledì) – Colore liturgico: bianco.
– Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. – Gesù è venuto come luce. Chi non lo accoglie sceglie di rimanere immerso nel mondo tenebroso. Non è il Signore a condannarlo, ma il suo rifiuto della salvezza
– Letture bibliche alla Messa di oggi = Atti 12,24 – 13,5; Salmo 66,2-3.5-6.8; Giovanni 12,44-50
– Santi di oggi = San Giovanni I; San Felice da Cantalice.
19 maggio (giovedì) – Colore liturgico: bianco.
– Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Canterò in eterno l’amore del Signore. – Il cristiano è “servo” e “inviato”. Servo come Gesù, che si china a lavare i piedi dei suoi discepoli; inviato da Gesù, per mettere in pratica il comando dell’amore.
– Letture bibliche alla Messa di oggi = Atti 13,13-25; Salmo 88,2-3.21-22.25.27; Giovanni 13,16-20.
– Santi di oggi = San Pietro Celestino; San Crispino da Viterbo; Sant’Urbano I.
20 maggio (venerdì) – Colore liturgico: bianco.
– Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato. – Toccante e incisivo il discorso d’addio di Gesù (nel vangelo). Egli vuole anzitutto togliere la tristezza dai cuori dei discepoli. Il suo esodo pasquale ci assicura un posto nella casa del Padre (egli è la Via). La sua partenza sarà compensata dallo stare per sempre con lui, che è nostra Verità e Vita.
– Letture bibliche alla Messa di oggi = Atti 13,26-33; Salmo 2,6-11; Giovanni 14,1-6.
– Santi di oggi = San Bernardino da Siena; Santa Lidia di Tiatira.
21 maggio (sabato) – Colore liturgico: bianco.
– Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio.- Il rapporto tra Gesù e il Padre è profondissimo: «Io sono nel Padre e il Padre è in me»; «Chi ha visto me, ha visto il Padre».
– Letture bibliche alla Messa di oggi = Atti 13,44-52; Salmo 97,1-4; Giovanni 14,7-14.
– Santi di oggi = Santi Cristoforo Magallanes e compagni; San Carlo Eugenio de Mazenod.
5. Curiosità calabresi del passato
“I tri da Cruci” in Tropea /3
Considerazioni storiche
La storia ci dice che Tropea fu occupata per un certo tempo da una colonia di Musulmani, giunti dalla Sicilia e dall’Africa, i quali ne fecero un covo, in cui riparavano, ponendo al sicuro le prede che facevano devastando città e villaggi.
Rievocando quel triste passato, dobbiamo fermare la nostra attenzione su due fatti, uno di gran lunga superiore all’altro. Il primo accadde presso il Capo di Stilo e il protagonista principale fu il tropeano D. Gasparro Toraldo, signore di Badolato. Egli riuscì con astuzia a trarre in inganno e vincere una galeotta musulmana di 18 banchi, facendo prigionieri 30 turchi, fra cui il Rais, detto Zesbinassan. Il secondo fatto, che segnò il trionfo della Croce di Cristo sulla mezzaluna musulmana, riguarda la battaglia di Lepanto.
Come si può rilevare dai cronisti paesani Sergio e Campesi, Tropea in quell’epoca possedeva delle galere proprie, ed un arsenale, il quale serviva all’armamento navale ed alla costruzione e riparazione delle triremi. Il Marafioti in proposito così si esprime: “…ha sempre posseduto questa città (Tropea) galere per corseggiare le riviere dei turchi e nell’armata di D. Giovanni d’Austria si ritrovano tre galere dei Signori particolari Tropeani. Poiché in detta battaglia, come si apprende dalla relazione presentata al Senato Veneto nel 1571 dal Capitano del Mare Sebastiano Veniero oltre che da altri storici e da qualche poeta coevo, presero parte 200 tropeani al comando del Capitano Stefano Soriano, è logico pensare che fra gli equipaggi delle galere tropeane l’elemento borghigiano non doveva scarseggiare.
Posto ciò, ci è lecito opinare che, venuta a conoscenza dei tropeani la notizia della vittoria riportata dal loro valoroso concittadino don Gasparro Toraldo, gli abitanti del borgo, i quali, come abbiamo detto, veneravano la Santa Croce, verso cui i turchi erano nemici, in ricorrenza dell’annuale festicciola, pensarono costruire un facsimile della galeotta del vinto Zerbinassan, e poi, come se fosse stata un vero trofeo, dovettero sospenderla ad un canapetto davanti alla loro chiesetta.
Oppure, riferendoci alla battaglia dì Lepanto, e questa, forse, è l’opinione più probabile, si deve attribuire l’invenzione ad uno dei borghigiani che avevano fatto parte degli equipaggi delle galere tropeane. Costui, ritornando vittorioso in patria, sia per onorare la Croce, per la quale aveva combattuto e sofferto, che per tramandare ai posteri il ricordo della bella vittoria riportata dalle armi cristiane, dovette ideare e costruire per la prima volta la galera in parola. Cosicché lo spettacolo borghigiano della galera deve alludere alla potente flotta musulmana vinta e in gran parte affondata nelle acque di Lepanto dall’armata cristiana, mercé l’aiuto divino, del quale, in questo caso, ne è simbolo la colombina.
Il secondo spettacolo è il ballo e l’incendio del Camiju (corruzione della parola cammello). Anche questo segno si riferisce alla cacciata dei Saraceni dalla Calabria e dalla Sicilia. Secondo la leggenda locale, riportata dallo Scrugli nelle sue Notizie Archeologiche e Storiche su Portercole e Tropea (Napoli, 1891), quei barbari, per estorcere i tributi alle popolazioni, che prepotentemente avevano rese a loro soggette, usavano mandare in giro pei villaggi un moro, il quale, con aria spavalda, cavalcava un cammello. Dopo ch’essi furono vinti e cacciati definitivamente dai Normanni, si vuole che in Sicilia, onde mettere in caricatura l’esoso e smargiasso esattore, siasi ideato e costruito il Camiju. Ben tosto si stabilizzò quest’umoristica usanza, che tanto lieto svago produceva nel popolo, dato il frequente commercio marittimo, che in quei tempi i diversi paesi dell’isola praticavano con Tropea.
“Nel dopo pranzo della festa, verso l’ultima ora, il Camelo fa la sua ballata finale [e incendiato] si ritira. Così finisce la festosa rappresentanza del Camelo, riguardata di tanta importanza presso il popolo, che non si tiene affatto per festa quella ove mancasse lo spettacolo del Camelo”.
(Giuseppe Chiapparo, in Etnografia di Tropea – Scritti demologici e storici, M.G.E. 2009, p. 96-97).