Rubrica religiosa settimanale a cura di P. Salvatore Brugnano
Pensieri sparsi per nutrire la mente e l’anima durante la settimana
Agosto 2012, quarta settimana: 19 – 25 agosto.
1. Vangelo della domenica 19 agosto – “Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.
2. Aspetti della vita – Il Concilio Ecumenico Vaticano II oggi.
3. Un incontro con S. Alfonso – Umiltà se si vuole esser santi.
4. Vivere la settimana con la liturgia = 20-25 agosto 2012.
5. Curiosità calabresi del passato = 1483. San Francesco di Paola a Napoli.
1. Vangelo della domenica – (Gv 6,51-58)
“Chi mangia questo pane vivrà in eterno”.
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
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In natura, non ci può essere vita senza nutrimento. Il cibo, di origine vegetale o animale, di cui ci nutriamo, è stato vivente prima di essere consumato per mantenere in vita un altro essere, cioè noi.
Oggi, nel brano del Vangelo secondo Giovanni, Gesù affronta questo dato di fatto essenziale della nostra condizione umana, rovesciandone l’ambito di applicazione: noi dobbiamo nutrirci di lui stesso, della sua carne e del suo sangue, se vogliamo cominciare a conoscere la pienezza della vita. Mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue, noi ci nutriamo come non si potrebbe fare nell’ambito fisico.
Noi viviamo così per sempre: il cibo è diverso, così come diversa è la vita che esso ci dà. Questo nuovo tipo di cibo ha, sul credente, un effetto immediato (“ha la vita eterna”) ed è, nello stesso tempo, una promessa per il futuro (“e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”).
Quando ci nutriamo del cibo naturale, siamo integrati nel ciclo biologico; per mezzo della trasformazione delle leggi biologiche, invece, riceviamo la vita divina, siamo introdotti nella vita stessa di Dio. Come ciò che mangiamo e beviamo, assimilato, diventa parte di noi, così, ricevendo nel sacramento la carne e il sangue di Cristo, veniamo “incorporati” in lui. (La Chiesa.it).
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«Chi mangia questo pane vivrà in eterno» – Di fronte a Dio che si rivela nella sua Parola di vita e si dona come cibo divino nei sacramenti, alcuni reagiscono in modo sapiente: si lasciano avvolgere dalla grazia, ascoltano la voce paterna di Dio; altri invece, non prestando attenzione al proprio modo di vivere, si comportano disordinatamente. La prima Lettura annuncia che la Sapienza divina si è costruita un’abitazione tra gli uomini: in essa ha imbandito un festoso convito. È necessario, abbandonando l’indifferenza, accogliere l’accorato invito alla sua tavola per mangiare il pane e bere il vino celesti.
Gesù (Vangelo) dichiara: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda», mostra l’assoluta necessità del nutrirsi al suo convito per seguire la via dell’intelligenza e giungere alla vera vita. Anche in questo caso c’è chi reagisce in modo sapiente: mangia la carne, beve il sangue di Cristo; e chi, da stolto, dubita e discute rifiutando il pane disceso dal cielo.
Per san Paolo (seconda Lettura) è sapiente chi, pone al centro dell’esistenza la volontà del Signore e la preghiera; è stolto chi continua a vivere nel peccato, cadendo nel disordine e nella indifferenza. (Sergio Gaspari, smm in “La Domenica”).
2. Aspetti della vita: Il Concilio Ecumenico Vaticano II oggi
La sua importanza per l’oggi della Chiesa
Quando Giovanni XXIII indisse il Concilio Vaticano II, scrisse: «Il primo annuncio del Concilio da noi dato il 25 gennaio 1959 fu come il piccolo seme, che deponemmo con animo e mano trepidante».
Benedetto XVI, appena eletto Papa, ha voluto riconoscere che «con il passare degli anni, i documenti conciliari non hanno perso di attualità; i loro insegnamenti si rivelano anzi particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata ». E infatti, a cinquant’anni dall’indizione, avvertiamo ancora tutto il fascino e l’impegno che scaturisce da ciò che ci ha consegnato il Concilio.
Riandare ad attingere a quella fonte ci permette di riscoprire la nostra identità di cristiani e le modalità di espressione della nostra fede, attraverso soprattutto i suoi documenti più importanti: – come prega il cristiano?
- Sacrosanctum Concilium, il documento sulla preghiera liturgica della Chiesa; – da dove scaturisce la nostra forma di vita?
- Dei Verbum, la Costituzione sulla Parola di Dio; – Gesù forma il nuovo Israele, la Chiesa, ma che cosa è la Chiesa?
- Lumen gentium, il documento sulla comunità ecclesiale; – come si deve relazionare il cristiano nelle diverse situazioni del mondo attuale?
- Gaudium et spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Torniamo a questi documenti, personalmente e comunitariamente: troveremo rinnovato alimento per la nostra fede.
(Tiberio Cantaboni in La Domenica)
Una preghiera per restare vigili
Ti ringraziamo, Signore Gesù, della tua immensa bontà nell’istituire il santissimo sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue, ma concedici la tua grazia, affinché, con l’anima monda da ogni peccato, possiamo mangiare il tuo Pane di vita eterna e bere il tuo Sangue, vera bevanda spirituale, per vivere sempre con te e risuscitare alla vita eterna, nel giorno in cui entreremo nella celeste dimora, dove ci sazieremo della visione beatifica della SS.ma Trinità.
(D. Mariano Grosso, osb).
3. Un incontro con S. Alfonso
Umiltà se si vuole esser santi.
• Lavando un giorno S. Alfonso i piatti in cucina insieme ad un novizio, questi per rispetto voleva levarglieli dalle mani, ma il Santo resistette e non glielo permise, dicendo: «Che forse io sono migliore di te?».
• Grandissime furono le tentazioni che soffrì S. Alfonso contro la fede, la speranza, la carità, ma egli trionfò di tutte, perché umile.
Il demonio adoperò ogni mezzo per ispirargli sentimenti di orgoglio.
Un giorno gli apparve sotto figura di un missionario napoletano e cominciò a parlargli delle sue opere. Diceva: «I dotti non cessano di esaltare i vostri scritti e di ammirare i frutti meravigliosi di salvezza che essi producono nel mondo intero».
S. Alfonso a queste lodi si umiliò profondamente dicendo: «Ho fatto quello che ho potuto ma se vi è qualche cosa di buono nei miei lavori lo debbo alla assistenza di Dio». «Certo – rispose il tentatore – ma è sempre vero che sono opere vostre e che di conseguenza siete voi stesso l’autore del bene immenso che fanno a milioni di anime».
A tali parole il Santo più si inabissò nel suo niente e si fece un gran segno di croce. Il demonio disparve vergognosamente sconfitto.
• Il Santo era nemico dell’idolo della “stima propria” ed esortava tutti i suoi confratelli a rinunziarvi con umiltà:
“Guardiamoci specialmente dall’ambizione di superare i puntigli… Molte persone professano vita spirituale, ma sono idolatri della propria stima. Dimostrano certe virtù apparenti, ma hanno l’ambizione di essere lodate in tutti i loro portamenti, e quando manca chi le loda, si lodano da se stesse; cercano insomma di comparir migliori degli altri, e se mai sentono toccarsi nella stima, perdono la pace, lasciano la comunione, lasciano tutte le loro devozioni e non si quietano finché non pare loro di avere acquistato il concetto perduto.
Ma non fanno così i veri amanti di Dio. Non solo sfuggono di dire parola di stima propria, né si compiacciono, ma più si attristano delle lodi che ricevono dagli altri, e si rallegrano di vedersi tenuti in mal concetto appresso gli uomini.
(S. Alfonso in Pratica di amar Gesù Cristo).
4. Vivere la settimana con la liturgia = XX Settimana Tempo Ordinario
20-25 agosto – Liturgia delle Ore: IV settimana.
20 agosto (lunedì) – Colore liturgico verde.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Hai dimenticato Dio che ti ha generato.- Il giovane ricco si dimostra aperto ai grandi ideali, conosce a perfezione la volontà di Dio, ha conservato una condotta ineccepibile, ma non supera l’esame finale: lasciare tutto e seguire Gesù. Che tristezza!
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = . Ez 24,15-24; Cant. Dt 32,18-21; Mt 19,16-22.
- – Santi di oggi = San Bernardo, abate.
21 agosto (martedì) – Colore liturgico bianco.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Il Signore farà giustizia al suo popolo. – I discepoli hanno compreso la gravità dell’ostacolo delle ricchezze per la sequela di Gesù. Eppure non c’è da rimetterci, perché il discepolo «riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Ez 28,1-10; Cant. Dt 32,26-28.30.35b-36a; Mt 19,23-30.
- – Santi di oggi = San Pio X, papa.
22 agosto (mercoledì) – Colore liturgico bianco.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Sia benedetto il nome del Signore, da ora e per sempre. – Il colloquio di Maria, chiamata «Piena di grazia», non mira a patteggiare con l’angelo, ma a conoscere come “servire” il Figlio dell’Altissimo, che la farà Regina.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Is 9,1-6; Sal 112,1-8; Lc 1,26-38.
- – Santi di oggi = Beata Vergine Maria Regina.
23 agosto (giovedì) – Colore liturgico verde.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati. – Il regno di Dio è la partecipazione a “una grande festa”; eppure c’è chi lo snobba, chi lo rifiuta e combatte, e chi lo sottovaluta. L’alternativa? Le tenebre, luogo di pianto e dolore.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Ez 36,23-28; Sal 50,12-19; Mt 22,1-14.
- – Santi di oggi = Santa Rosa da Lima; San Zaccheo.
24 agosto (venerdì) – Colore liturgico rosso.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = I tuoi santi, Signore, dicono la gloria del tuo regno. – L’origine umana di Gesù, “figlio di Giuseppe, di Nazaret”, non ti lascia “vedere” la sua vera identità; è Gesù che ti “vede” e ti fa vedere «il cielo aperto su di Lui».
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Ap 21,9b-14; Sal 144,10-13b.17-18; Gv 1,45-51.
- – Santi di oggi = San Bartolomeo, apostolo.
25 agosto (sabato) – Colore liturgico verde.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = La gloria del Signore abiti la nostra terra. – Attenti a non mettersi al posto di Dio, imponendo leggi e usurpandone i titoli! Qualunque posto occupi il discepolo, deve considerarsi al servizio degli altri.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Ez 43,1-7a; Sal 84,9-14; Mt 23,1-12.
- – Santi di oggi = San Ludovico; San Giuseppe Calasanzio.
5. Curiosità calabresi del passato
1483. San Francesco di Paola a Napoli
Giunge a Napoli il 27 febbraio 1483, lo stesso giorno che aveva visto quarant’anni prima l’ingresso trionfale di Alfonso d’Aragona, ed entra in città per la porta Capuana. Una folla immensa, che invade anche tutte le strade limitrofe, aspetta il frate eremita calabrese a stento trattenuta dai soldati.
Il re Ferrante, appena avvistato il frate, scende dalla sua carrozza con i tre figli Alfonso duca di Calabria, Federico principe di Taranto e Francesco duca di Sant’Angelo e, circondato dai dignitari del regno e da numerosi nobili e cavalieri, gli si fa incontro per riceverlo. Si inginocchia al suo cospetto, lui che poco tempo prima lo avrebbe voluto in ceppi, per riceverne la benedizione e lo abbraccia. I dignitari e i nobili gli fanno ala per scortarlo a piedi alla reggia di Castel Nuovo (il Maschio Angioino, dove nel 1294 Pietro da Morrone, Papa Celestino V, fece “il gran rifiuto”), circondato da una folla acclamante che i soldati non riescono più a contenere. Un testimone oculare racconta che è tanta la ressa di popolo che avrebbe voluto toccare o baciare il lembo del saio di Francesco, che ne sarebbe rimasto schiacciato se il principe Federico non lo avesse fatto circondare e difendere dalla sua guardia. In tutto questo trambusto e tripudio di acclamazione, Francesco resta impassibile e quasi assente, come non si trattasse della sua persona, rivestito della sua invincibile umiltà. Giunto nel cortile interno di Castel Nuovo gli si fanno incontro la regina Isabella con l’Infanta e le dame di corte, che si inginocchiano al suo cospetto per baciargli il lembo del saio e riceverne la benedizione.
Il re Ferrante ospita Francesco e i suoi due compagni in un alloggio preparato vicino agli appartamenti reali. Il re fa praticare nella porta dell’alloggio un leggera fessura per controllare, non visto, i comportamenti del frate. Questo ci varrà una immagine fedele delle sue sembianze, perchè il re incarica un pittore di corte di ritrarlo a sua insaputa osservandolo attraverso la fessura della porta. Questo ritratto è custodito nella chiesa dell’Annunziata di Montalto Uffugo in provincia di Cosenza.
Durante la sua permanenza a corte Francesco non cessa di perorare la causa del ravvedimento del suo re, richiamandolo ai doveri primi di un buon principe cristiano, in questo assistito dalla Misericordia di Dio che opera attraverso lui tanti prodigi.
Il re diffidente, volendo scoprire la vera natura del frate nonostante gli atteggiamenti ipocriti di riverenza, continua ad osservarlo a sua insaputa dalla fessura della porta nei momenti più impensati.
Una sera, quando tutti dormono, il re va a spiare attraverso la fessura e vede Francesco in estasi al cospetto di Dio circondato da una luce sfolgorante che aveva rischiarato a giorno tutta la stanza. Non ancora convinto della sua santità cerca occasione per tentarlo. Più volte invitato alla sua mensa Francesco rifiuta.
Un giorno il re ordina al suo paggio, don Girolamo Cavaniglia, di portare un vassoio di pesce fritto a Francesco nella sua stanza. Il testimone 98 del processo calabrese, padre Ambrogio Coppola cappellano di corte, racconta che Francesco fatto il segno della croce sui pesci li fa ritornare vivi e rivolto al paggio gli chiede di riferire al re che come lui ha ridato la vita ai pesci il re deve ridare la libertà a quegli innocenti infelici che tiene rinchiusi nelle sue prigioni.
Il re è visibilmente scosso dal racconto dei testimoni, ma è ancora diffidente e prova un’altra strategia per saggiare la vera natura dell’eremita.
Un giorno il re Ferrante chiede e Francesco di istituire a Napoli una sua comunità e, per aiutarlo nella costruzione del convento, gli fa consegnare da suoi familiari un vassoio ricolmo di monete d’oro.
Francesco accetta l’invito di fondare una comunità a Napoli, ma rifiuta decisamente l’offerta del denaro. Il re non riesce a comprendere il suo rifiuto e manifesta a Francesco il suo stupito disappunto. Francesco presa una moneta dal vassoio la spezza e mostra al re il sangue che ne sgorga, quindi gli dice che quel denaro non è suo, ma il sangue versato dai suoi sudditi a causa delle troppe tasse ingiuste, e lo invita con decisione, ricordandogli che anche per i re esiste l’inferno, a rivedere la sua condotta e a dedicarsi con lo spirito dei principi cristiani a migliorare il governo del suo regno, minacciandolo di vedere estinta in breve tempo la sua stirpe se questo non sarà fatto.
Ferrante, benchè orgoglioso e superbo, non osa ribattere e, profondamente turbato, promette a Francesco di rivedere la sua condotta e gli chiede di intercedere per lui presso il Signore. Non manterrà le sue promesse e la sua dinastia si estinguerà, Francesco vivente.
Dopo due settimane di soggiorno, la legazione reale, con Francesco e suoi compagni e scortata dal principe di Taranto Federico e dai suoi cavalieri, parte su una nave alla volta di Ostia da dove proseguono per Roma.
(tratto da http://www.paginecattoliche.it/SanFra_diPaola.htm)