Rubrica religiosa settimanale a cura di P. Salvatore Brugnano
Pensieri sparsi per nutrire la mente e l’anima durante la settimana
Luglio 2013, terza settimana: 14-20 luglio.
1. Vangelo della domenica 14 luglio – «Chi è il
mio prossimo?».
2. Aspetti della vita – Papa Francesco a Lampedusa:
un messaggio di fede concreta.
3. Le Opere di S. Alfonso = L’amor divino è un fuoco.
4. Vivere la settimana con la liturgia = 15-20 luglio 2013.
5. Santi calabresi del passato = San Vitaliano (16 luglio).
1. Vangelo della domenica – (Lc 10,25-37)
«Chi è il mio prossimo?».
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?».
Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
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Uomini imperfetti e turbati dal peccato, da una parte, non siamo certi di ciò che è bene e giusto e, dall’altra, ci capita spesso di non essere pronti a fare il bene. È il motivo per cui Dio ci ha dato i comandamenti: essi ci indicano ciò che è giusto e fanno sentire a ognuno ciò che deve fare.
È per questo che gli Ebrei dell’antica Alleanza avevano stabilito un sistema di più di cinquecento comandamenti e divieti, che doveva permettere loro di compiere in tutto la volontà di Dio, perché non avevano più una visione chiara di che cosa fosse assolutamente essenziale agli occhi di Dio e si perdevano nei dettagli.
Per i dottori della legge, discutere di gerarchie e di comandamenti era spesso ben più importante delle istituzioni destinate a compiere veramente la volontà di Dio. È ciò che dimostra l’esempio del dottore della legge che cerca di rendere Gesù ridicolo: ponendogli una domanda in apparenza sincera, egli vuole provare che è un teologo dilettante.
Ma Gesù non sta al gioco. Costringe il dottore della legge a dare da sé la risposta giusta e gli mostra allora qual è il prossimo che ciascuno deve amare come se stesso: è quello che si trova in miseria ed è bisognoso del nostro aiuto. Si risparmia così ogni discussione saccente attorno al problema di sapere se qualcuno che non è ebreo, oppure è un ebreo peccatore, ha il diritto di aspettarsi il nostro aiuto.
Egli va anche più lontano, mostrando che un Samaritano da disprezzare (agli occhi dei dottori della legge) è capace di fare del bene in modo naturale seguendo la voce del suo cuore, mentre due pii Ebrei si disinteressano in modo disdicevole. (da Chiesa.it).
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Farsi prossimo di tutti – «Un Samaritano, che era in viaggio… gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino».
La Legge e i comandamenti di Dio formavano una siepe a protezione della vita. Non si trattava di una sfida alla fragilità umana, ma di suggerimenti per il bene del popolo di Israele.
Oggi la liturgia ci propone un dialogo fatto da Gesù per chiarire chi fosse il “prossimo” secondo la Legge. Le idee, allora circolanti, definivano prossimo solo chi apparteneva al popolo di Israele. Gesù offrirà l’autentica interpretazione della norma attraverso una parabola, giocando sul fatto che tra giudei e samaritani c’erano delle discordie.
Egli rivela che il prossimo non ha appartenenze di popolo o di razza. Essere prossimi dipende dalla disposizione del cuore ad avvicinarsi a chi è nel bisogno, quindi anche un Samaritano o uno straniero è degno di essere amato come se stessi.
Gesù venne nel mondo, portò a compimento le antiche leggi. Con il suo sangue sulla croce e il perdono ai crocifissori, Egli rivela che Dio si fa prossimo a tutti gli uomini. (Fr. Gianfranco Tinello, OFM Cap., in La Domenica).
Una preghiera per restare vigili
Cristo non disse che un giudeo soccorse un samaritano, ma che un samaritano fu generoso verso un giudeo. Da questo impariamo che dobbiamo preoccuparci di tutti e non solo dei nostri familiari nella fede… Se vedi uno che soffre, non indagare oltre: anche lui ha diritto di essere aiutato, per il semplice motivo che soffre. (Giovanni Crisostomo, Sulla Lettera agli Ebrei 10, 4, a cura di L. Gambero).
2. Aspetti della vita
Papa Francesco a Lampedusa: un messaggio di fede concreta.
Gli sbarchi continui di Lampedusa, a cui la visita di Papa Francesco ha ridato attenzione internazionale, interpellano con urgenza la sensibilità umana e politica delle nazioni. Gli sbarchi sono a flusso continuo e sembrano inarrestabili. D’altra parte chi è rimasto fuori dal perimetro di un benessere (peraltro sempre meno sicuro, la presente crisi ce lo fa toccare con mano) continuerà a cercare di entrare. Perché è quello che i poveri hanno sempre fatto: è il caso dei tanti immigrati che sono sbarcati e continueranno a sbarcare, “impaurendo” tanti che hanno timore di una invasione che porterebbe disordine e violenza.
Ma non c’è violenza in quelle barche in mezzo al mare. I cristiani (e non solo essi, visto che il migrare verso situazioni migliori è un diritto internazionale riconosciuto dall’ONU) sono chiamati a rispondere al problema. E non basta non lasciare affondare quelle barche. Occorre evitare che partano, usando la strategia dello sviluppo che vince la povertà e non quella della forza.
Il giorno prima di andare a Lampedusa Papa Francesco aveva pubblicato l’enciclica Lumen fidei, (la luce della fede), una fede che rinuncia all’intransigenza in nome della “convivenza che rispetta l’altro” (numero 34), rivelando in questo modo “quanto possono essere saldi i vincoli tra gli uomini, quando Dio si rende presente in mezzo ad essi“. La fede in Cristo “non allontana dal mondo e non risulta estranea all’impegno concreto dei nostri contemporanei”.
Oggi tutti desiderano vivere in una “città affidabile”; ma le strategie per arrivare all’obiettivo sono diverse. La Chiesa testimonia e trasmette l’esempio di un’unità che non si regge “sull’utilità, sulla composizione degli interessi, sulla paura”, ma su un fondamento di gran lunga più semplice e solido: la “gioia che la semplice presenza dell’altro può suscitare” (numeri 50-51).
Le parole e i gesti di Papa Francesco a Lampedusa, lungi dall’essere i veicoli mediatici di una predicazione religiosa carismatica che lascia intatti i meccanismi e le responsabilità della politica, danno alla proposta della Lumen fidei l’immediata concretezza di un obiettivo, di un impegno che ha il volto dei poveri che hanno attraversato il “nostro” mare in cerca di un futuro migliore e rompono le bolle di sapone della nostra indifferenza di fronte ai tanti che in queste acque sono morti.
Non è un altro modo di pensare rispetto alla politica. È un modo altro di pensare la costruzione della città degli uomini e dunque di concepire e vivere appunto la politica. (estratto da L’Osservatore Romano, 13 luglio 2013)
— Il grido di compassione di Papa Francesco a Lampedusa per le sofferenze dei migranti è risuonato anche dall’altra parte del globo. In Australia, infatti, l’associazione “Australian Young Christian Students” (Aycs) ha lanciato un forte appello in favore dei migranti e dei richiedenti asilo, sulla scia dell’esortazione del Santo Padre di lunedì scorso. In particolare, l’associazione chiede alla politica di dare maggiore attenzione ai bambini attualmente “confinati” in campi di accoglienza e detenzione, in accordo al sistema di immigrazione vigente in Australia.
3. Le Opere di S. Alfonso
1754 – L’amor divino è un fuoco.
Il Signore (vangelo di Luca 12,49) dichiara che egli era venuto in terra a portare il santo amore divino, e si esprime col dire, che era venuto in terra a portar fuoco . Dio stesso nell’Apocalisse (3,13) persuade l’anima di provvedersi d’oro infocato, cioè di santo amore.
Ora il fuoco ha queste due proprietà; resiste ai contrari, cioè ai venti e ai soffi, e anzi che smorzarsi con loro, si accresce, ed è operativo: se è fuoco, vuol operare.
Ecco però due contrassegni sicuri da riconoscere in noi il santo amore di Dio; opere e pazienza.
Operiamo noi sempre per il nostro Dio, almeno per mezzo di una retta intenzione di fare in ogni cosa la sua divina volontà, d’incontrare in tutto il suo divino beneplacito? Soffriamo noi volentieri per lui ogni cosa a noi avversa, povertà, tribolazioni, infermità, ed altro? anzi che discostarci da lui per tali cose, a lui più ci accostiamo? Noi abbiamo il santo amore di Dio: il nostro amore è fuoco che opera, che resiste agli elementi contrari: altrimenti no; il nostro amore verso Dio non sarà vero, sarà falso: sarà amore di lingua, non sarà amore di cuore.
Contro ciò che ci avvisa ancor San Giovanni nella sua seconda Lettera (3,13): Figliuoli miei, non amiamo colle parole, e colla lingua, ma coll’opere e realtà. Se l’amore non opera, non è amore.
E Gesù Cristo (cf. Gv 14,21): Chi custodisce i miei comandamenti e li osserva con esattezza, quello mi ama… Sicché, se noi operiamo sempre per il nostro Dio, se custodiamo i comandamenti divini, se li osserviamo con esattezza, e con i comandamenti divini vengono poi quelli della Chiesa, gli obblighi del nostro stato, ed ogni proprio dovere: se superiamo con generosità, e ancor con allegrezza, per il nostro Dio ogni cosa a noi contraria e dispiacevole, noi abbiamo il santo amore di Dio.
Il nostro amore è fuoco che opera, che resiste ai venti contrari: altrimenti no, il nostro amore verso Dio non sarà vero, sarà falso; sarà amore di lingua, non sarà amore di cuore.
(da Contrassegni sicuri da riconoscere in noi il santo amor di Dio)
Leggi tutto il paragrafo in originale.
4. Vivere la settimana con la liturgia = XV Settimana del Tempo Ordinario
(15-20 luglio) – Liturgia delle Ore: III Settimana.
15 luglio (lunedì) – Colore liturgico bianco
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi – Il nostro aiuto è nel nome del Signore. – Il Libro dell’Esodo ci racconta la storia della salvezza di Israele dall’Egitto e l’alleanza con Dio.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Es 1,8-14.22; Sal 123,1-8; Mt 10,34 – 11,1.
- – Santi di oggi = San Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa. Santo Vladimiro di Kiev.
16 luglio (martedì) – Colore liturgico verde.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Voi che cercate Dio, fatevi coraggio. – Mosè, il bambino salvato dalle acque del Nilo, salverà a sua volta il suo popolo facendogli oltrepassare il Mar Rosso.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Es 2,1-15; Sal 68,3.14.30-31-34; Mt 11,20-24.
- – Santi di oggi = Beata Maria Vergine del Monte Carmelo; Beata Irmengarda, badessa.
17 luglio (mercoledì) – Colore liturgico verde
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Misericordioso e pietoso è il Signore. – Ci sono presentate due rivelazioni: nella prima lettura Dio si rivela come colui che ascolta il grido del povero, nel Vangelo come Padre.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Es 3,1-6.9-12; Sal 102,1-4.6-7; Mt 11,25-27.
- – Santi di oggi = Santa Marcellina; San Leone IV; Sant’Alessio.
18 luglio (giovedì) – Colore liturgico bianco.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza. – Dio non ci chiede mai più di quanto possiamo fare, anzi ci è sempre compagno nel cammino della vita.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Es 3,13-20; Sal 104,1.5.8-9.24-27; Mt 11,28-30..
- – Santi di oggi = San Materno; San Ruffillo; Sant’Arnolfo; San Simone da Lipnica.
19 luglio (venerdì) – Colore liturgico verde.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. – Il libro dell’Esodo ci narra il memoriale della Pasqua che ricorda la liberazione del popolo ebraico dall’Egitto.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Es 11,10 –12,14; Sal 115,12-13.15-18; Mt 12,1-8.
- – Santi di oggi = Sant’Epafra; Santa Macrina; San Simmaco.
20 luglio (sabato) – Colore liturgico verde.
- – Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Il suo amore è per sempre. – L’evangelista Matteo ci presenta Gesù come colui che porta a compimento le sacre Scritture e realizza in sé quanto i profeti hanno annunciato.
- – Letture bibliche alla Messa di oggi = Es 12,37-42; Sal 135,1.23-24.10-11.13-14; Mt 12,14-21.
- – Santi di oggi = Sant’Apollinare; Sant’Elia Tesbita; Sant’Aurelio di Cartagine.
5. Santi calabresi del passato o venerati in Calabria
San Vitaliano (16 luglio)
Patrono di Catanzaro.
Di questo santo si hanno poche notizie. Un’edizione del Martirologio Gerominiano, risalente alla prima metà dell’ottavo secolo, lo ricordava il 3 settembre con l’affermazione in Caudis Vitaliani che faceva pensare che fosse un martire del Sannio; infatti Caudium, attuale Montesarchio, si trovava tra Capua e Benevento, città queste che in passato si contesero San Vitaliano come vescovo.
Nel più antico dei calendari liturgici capuani, risalente al XII secolo, il nome del santo è incredibilmente assente; nei successivi è ricordato non più il 3 settembre, ma il 16 luglio, data confermata anche dal Martirologio Beneventano di santa Maria del Gualdo.
Probabile quindi che la rinascita del culto risalga agli ultimissimi anni del XII secolo; in questo periodo un sacerdote beneventano scrisse la prima biografia arricchendola di particolari di fantasia, rendendola così inattendibile.
Tale biografia affermava che san Vitaliano fu proclamato vescovo di Capua contro la sua volontà. Subì ogni genere di insinuazioni e derisioni da parte dei suoi nemici che lo accusarono di avere tendenze particolari. Per svergognarlo davanti ai fedeli, i nemici con uno stratagemma riuscirono a farlo comparire in pubblico con abiti femminili. Il santo si difese con molta abilità; dopo che scoprì il complotto si allontanò dalla città. La sua fuga fu breve: venne catturato, legato dentro un sacco e gettato nel Garigliano.
Su di lui vi era la presenza di Dio che lo fece giungere incolume fino ad Ostia dove venne salvato da alcuni pescatori, mentre Capua, dimostratasi ingrata e violenta, venne punita da Dio con siccità, peste e carestia.
I capuani, martoriati da tutto ciò, pentiti di tutto quello che avevano compiuto contro san Vitaliano, si recarono dal vescovo, scongiurandolo di tornare. Il santo ritornò, ma si fermò per poco tempo a Capua, poiché desiderò ritirarsi presso il monte Partendo, ove costruì una chiesa dedicata a Maria santissima. Da questa chiesa, San Guglielmo da Vercelli nel secolo XII costruì l’attuale Santuario alla Beata Vergine di Montevergine.
San Vitaliano morì nel 699. secondo alcuni storici, il corpo sarebbe stato traslato prima del 716 a Benevento dal vescovo Giovanni; secondo altri nel 914 a causa dell’invasione dei saraceni.
Papa Callisto II lo avrebbe poi inviato insieme a quello di Sant’ Ireneo di Lione e di San Fortunato di Todi a Catanzaro. Qui nel 1311 Pietro Ruffo, conte di Calabria, fece costruire una cappella in cattedrale per deporle e venerarle. Durante l’ultimo conflitto mondiale, a causa dei bombardamenti, la cattedrale venne distrutta; nel 1960 fu ricostruita e con essa anche la cappella che contiene il corpo di san Vitaliano da cui trasuderebbe, come avviene per san Nicola di Bari e san Felice di Nola, un liquido miracoloso, detto manna.
Il culto di san Vitaliano è diffuso in tutta la Campania ed ovviamente in Calabria; Catanzaro lo invoca contro ogni calamità, particolarmente contro i terremoti.
La domenica in albis, una volta, si celebrava la festa del patrocinio per ricordare la protezione del santo sulla città durante il violentissimo terremoto del 1783. Popolarmente san Vitaliano ha dato anche il suo nome a Catanzaro: infatti il capoluogo calabrese è definito come la città delle tre V: vento, velluto e san Vitaliano.
(da Calabriaecclesia2000.it).