Rubrica religiosa settimanale
a cura di P. Salvatore Brugnano
Giugno 2010, seconda settimana: 6-12 giugno 2010
1. Vangelo della domenica – «Tutti mangiarono a sazietà».
2. Aspetti della vita – dalla Sequenza del Corpus Domini: invito alla lode.
3. Un insegnamento di S. Alfonso – La Santità, anima della vita sacerdotale.
4. La settimana con la liturgia = 7-12 giugno.
5. Saggezza calabrese – Lu Verbu (sintesi di credo).
1. Vangelo della domenica – Lc 9,11-17
«Tutti mangiarono a sazietà».
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Onoriamo e adoriamo oggi il “Corpo del Signore”, spezzato e donato per la salvezza di tutti gli uomini, fatto cibo per sostenere la nostra “vita nello Spirito”. Gesù ha moltiplicato i pani e i pesci per nutrire la folla che lo seguiva: il cibo fisico agisce in me anche quando non ci penso, anche quando dormo si trasforma in carne, sangue, energie vitali. Il cibo spirituale è diverso: è efficace se io collaboro con Cristo, che vuole trasformare la mia vita nella sua.
L’Eucaristia è la festa della fede, stimola e rafforza la fede. I nostri rapporti con Dio sono avvolti nel mistero: ci vuole un gran coraggio e una grande fede per dire: “Qui c’è il Signore!”. Se guardo a me stesso, mi trovo sempre piccolo, imperfetto, peccatore, pieno di limiti. Eppure Dio mi ama, come ama tutti gli uomini, fino a farsi nostro cibo e bevanda per comunicarci la sua vita divina, farci vivere la sua vita di amore.
L’Eucaristia non è credibile se rimane un rito, il ricordo di un fatto successo duemila anni fa. È invece una “scuola di vita”, una proposta di amore che coinvolge tutta la mia vita: deve rendermi disponibile ad amare il prossimo, fino a dare la mia vita per gli altri. Secondo l’esempio che Gesù ci ha lasciato.
Io non mi vergogno di andare a comprare il pane, perché lo pago; ma mi vergogno di andare a chiederlo, se non ho soldi per pagare. Così è per tutte le cose. La comunione con il Signore non posso pagarla, devo chiederla, tendendo la mano da povero. E’ un momento bellissimo, ma che richiede un contesto molto particolare, in cui io mi senta libero di farmi vedere povero.
E’ bello venire a cercare il Signore in chiesa, quando non c’è nessuno, e sono al riparo da sguardi poco casti. Ma è ancora più bello trovare nel Signore la forza per riuscire ad essere me stesso sempre. Questo è uno dei doni che il Signore vuole farmi donandomi se stesso: la libertà di vedere e accettare il mio bisogno, che mi dà anche la capacità di capire i bisogni degli altri e di accoglierli. (Paul Devreux )
2. Aspetti della vita
dalla Sequenza del Corpus Domini: invito alla lode
Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l’antico è giunto a termine.
Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l’ombra:
luce, non più tenebra.
Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell’agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.
3. Un insegnamento di S. Alfonso
La Santità, anima della vita sacerdotale
Se è grande la dignità del Sacerdote, altrettanto grandi sono i suoi doveri e le sue virtù. “I Sacerdoti sono onorati? – scrive s. Pietro Crisologo – Io direi piuttosto sovraccarichi di doveri”.
Tutti siano chiamati alla perfezione, alla santità. Quanto più i Sacerdoti. Avendo ricevuto una grazia maggiore, devono superare in santità i semplici fedeli. “Il sacerdote – scrive Tommaso da Kempis – è tenuto a una vita di perfezione superiore agli altri, perché il suo stato di vita è superiore agli altri”. Se agli altri si consiglia la perfezione, al sacerdote è d’obbligo. Per offrire il Sacrificio, il sacerdote – scrive s. Ambrogio – deve prima offrire se stesso in sacrificio, poi offrire il suo dono.
Scrive s. Girolamo che è lo stesso stato sacerdotale che reclama la santità dell’anima. Compiange infatti s. Bernardo coloro che si accostano a ricevere i sacri Ordini privi della piena coscienza dei doveri.
La vita del sacerdote deve essere “irreprensibile”, cioè non solo priva di difetti, ma ricca di tutte le virtù, tutta per Dio. “Il vero ministro dell’altare – scrive s . Ambrogio – non è più suo, ma di Dio; non è più del Mondo, né dei parenti, né di se stesso, ma solo di Dio e non deve amare altro che Dio”. Egli deve pensare solo al Sacrificio dell’altare e alla salute spirituale delle persone.
La beata Vergine Maria fu tutta santa, pura e immacolata perché doveva portare nel suo grembo e impegnare la sua vita di Madre del Verbo incarnato. Riflette, quindi s. Agostino: “Anche il sacerdote che tocca con le proprie mani le carni di un Dio, che chiama con la sua voce il Figlio di Dio dal cielo sulla terra, non può imbrattare le sue mani di peccato, né la propria bocca, parlando contro Dio”.
Il Sacerdote con la forza della sua santità – scrive s. Eucherio – deve portare il peso di tutti i peccati del Mondo. Ecco perché i santi Padri chiamano i sacerdoti “le mura della Chiesa, -accompagnamenti della santità, fondamenta del mondo e colonne della Fede”.
E s. Agostino scrive: “il Sacerdote pregando per gli altri deve acquisire davanti a Dio tanti meriti da poter impetrare quelle grazie che il popolo non potrebbe operare per i propri demeriti”.
Inoltre i sacerdoti sono posti da Dio come modelli di virtù per il suo popolo. Scrive s. Isidoro: “Chi presiede alla formazione alla pratica delle virtù, deve essere santo in ogni cosa, e in ogni cosa irreprensibile”. Un cieco non può pretendere di farsi guida di altri ciechi. S. Gregorio Nazianzeno scrive: “Il Sacerdote deve prima purificare se stesso, poi purificare gli altri; prima deve accostarsi lui a Dio, poi accompagnarvi gli altri; prima santificarsi e poi santificare gli altri; prima deve diventare lui stesso luce,poi illuminare gli altri”. La fiaccola che non arde non può illuminare. Non può parlare di amore chi non ama.
S. Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi così presenta la sua figura di pastore: “In ogni circostanza cerco di presentare me stesso come si presentano i servi di Dio: sopporto con grande pazienza sofferenze, difficoltà e angosce. Sono bastonato e gettato in prigione. Sono vittima di violenze. Mi presento come servo di Dio mostrando onestà, saggezza, pazienza, bontà, amore senza ipocrisia, annunziando il messaggio della verità come potenza di Dio. Sono castigato ma non ucciso; tormentato ma sempre sereno; povero eppure arricchisco molti. Non ho nulla, eppure possiedo tutto” (6,4-7; 9-10).
È immenso il privilegio del Sacerdote: fa scendere il Verbo incarnato tra le proprie mani, libera le anime dal peccato e dall’inferno, è vicario di Cristo, luce del mondo, mediatore tra Dio e gli uomini. Ma se poi a tale dignità non corrisponde altrettanto stile di vita e santità, maggiori sono le sue responsabilità davanti a Dio. Purtroppo tanti sacerdoti cosa fanno? Celebrano pure l’eucaristia, magari recitano la Liturgia delle Ore… E poi? Niente spirito di preghiera, di mortificazione, nessun momento di raccoglimento e dicono “basta che mi salvi”. No, non basta. Scrive infatti s. Agostino: “Dove hai detto basta, là considerati finito”. (Alfonso Amarante, dalla “Selva di materie predicabili e istruttive, di S. Alfonso”)
4. La settimana con la liturgia = 7-12 giugno 2010 – Liturgia delle Ore: II settimana
7 giugno (lunedì) – Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra. – Contemplate le verità della nostra fede, Gesù ci consegna la scala di valori per la vita cristiana, ovviamente se vogliamo assomigliargli sempre più.
Letture di oggi = 1Re 17,1-6; Sal 120,1-8; Mt 5,1-12a.
Santi di oggi = S. Antonio M. Gianelli; San Colman; B. Anna di San Bartolomeo
8 giugno (martedì) – Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto. – Siamo investiti di una altissima dignità. Restando uniti a Gesù, il sale non perderà il sapore e la luce non potrà essere nascosta.
Letture di oggi = 1Re 17,7-16; Sal 4,2-5.7-8; Mt 5,13-16.
Santi di oggi = San Medardo; San Fortunato; B. Nicola Medda.
9 giugno (mercoledì) – Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. – Solo chi confida in Dio può compiere prodigi: vede la realtà del cuore di chi gli si rivolge e non manca di esaudire la preghiera dei suoi figli.
Letture di oggi = 1Re 18,20-39; Sal 15,1-2a.4-5.8.11; Mt 5,17-19.
Santi di oggi = Sant’Efrem (m.f.); B. Anna M. Taigi; B. Luigi Boccardo.
10 giugno (giovedì) – A te la lode, o Dio, in Sion. – L’offerta che Dio gradisce siamo noi quando ci presentiamo a Lui con il cuore puro e in pace con chi ci vive accanto.
Letture di oggi = 1Re 18,41-46; Sal 64,10-13; Mt 5,20-26.
Santi di oggi = B. Diana d’Andalò; B. Enrico da Bolzano.
11 giugno (venerdì) – Sacratissimo Cuore di Gesù. Solennità (bianco). – Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. – La festa ci ricorda la novità del messaggio cristiano: Dio ci ama come un padre i suoi figli. Chiudendo l’Anno Sacerdotale, preghiamo perché ogni sacerdote sia immagine viva dell’amore che Dio ha per ciascuna persona.
Letture di oggi = Ez 34,11-16; Sal 22,1-6; Rm 5,5b-11; Lc 15,3-7.
Santi di oggi = San Bàrnaba, apostolo.
Oggi è la Giornata mondiale di santificazione sacerdotale. – La santificazione dei sacerdoti è un’esigenza avvertita non solo dagli stessi presbiteri, ma anche dai fedeli che cercano in essi, «coscientemente o inconscientemente, l’uomo di Dio, il consigliere, il mediatore di pace, l’amico fedele e prudente, la guida sicura a cui affidarsi nei momenti più duri della vita per trovare conforto e sicurezza». (Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, n. 39).
12 giugno (sabato) – Cuore Immacolato di Maria. Memoria (bianco) – Esulto nel Signore, mia salvezza. – Ecco il Cuore di Maria che, insieme a quello di Gesù, tanto ha amato gli uomini e nulla ha risparmiato per essi.
Letture di oggi = Is 61,9-11; Cant. 1Sam 2,1.4-8; Lc 2,41-51a.
Santi di oggi = Sant’Onofrio.
5. Saggezza calabrese
Lu Verbu (sintesi di credo)
Verbu sacciu e Verbu dicu,
Caru a vui nostru Signuri,
Alla Cruci fustivu misu
Pi’ nuatri piccaturi.
Guarda sta Cruci ch’è arta e ch’è bella,
‘Nu bracciu tocca ‘n celu e ‘nautru ‘n terra
Alla valli di Gesufat
Picculi e grandi avimu d’essiri llà.
Quandu fu ‘nta chija chianura
Tremaru chiù di l’unda scura.
E nesci Santu Simuni
Cu’ ‘nu libru d’oru ‘n manu
Chi leja i piccaturi.
Piccaturi e peccatrici!
Cu’ sa lu Verbu mu si lu dici,
Cu’ no’ lu sa,
Mbizzari mu si lu fa.
Cu’ lu sapi e no’ lu dici
Havi cent’anni di focu e di pici.
Cu’ lu dici tri voti a lu jornu
E’ liburatu di peni di ‘mpernu,
Cu’ lu dici tri voti a la notti
É liberatu tri voti a la morti,
Cu lu dici di sabatu a dijunu
Havi tricent’anni di perdunu. (Tropea)
(cf Giuseppe Chiapparo, Etnografia di Tropea, Scritti demologici e storici, M.G.E. 2009, pag. 151).