Rubriche

La bisaccia del pellegrino 19-2012

Rubrica religiosa settimanale a cura di P. Salvatore Brugnano

Pensieri sparsi per nutrire la mente e l’anima durante la settimana

 

AMaggio 2012, seconda settimana: 6-12 maggio

1. Vangelo della domenica 6 maggio –  «Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto».
2. Aspetti della vita  – La famiglia: il lavoro e la festa.
3. Un incontro con S. Alfonso – Un vescovo mite e mansueto».
4. Vivere la settimana con la liturgia =  7-12 maggio2012.
5. Curiosità calabresi del passato  =  San Gaetano Catanoso (1879-1963) e la Madonna.

1. Vangelo della domenica –  (Gv 15,1-8)
Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

__________________

Una domanda ai credenti: cos’è importante per la loro vita? Nel vangelo di oggi, attraverso un paragone, il Signore ci rivela oggi che tutti quelli che gli sono legati mediante la fede vivono in vera simbiosi. Come i tralci della vite, che sono generati e nutriti dalla vite stessa, noi cristiani siamo legati in modo vitale a Gesù Cristo nella comunità della Chiesa. Vi sono molte condizioni perché la forza vitale e la grazia di Cristo possano portare i loro frutti nella nostra vita: ogni tralcio deve essere liberato dai germogli superflui, deve essere sano e reagire in simbiosi fertile con la vite.
Per mezzo del battesimo, Cristo ci ha accolti nella sua comunità. E noi siamo stati liberati dai nostri peccati dalla parola sacramentale di Cristo. La grazia di Cristo non può agire in noi che nella misura in cui noi la lasciamo agire. La Provvidenza divina veglierà su di noi e si prenderà cura di noi se saremo pronti. Ma noi non daremo molti frutti se non restando attaccati alla vite per tutta la vita. Cioè: se viviamo coscienziosamente la nostra vita come membri della Chiesa di Cristo. Poiché, agli occhi di Dio, ha valore duraturo solo ciò che è compiuto in seno alla comunità, con Gesù Cristo e nel suo Spirito: “Senza di me non potete far nulla”. Chi l’ha riconosciuto, può pregare Dio di aiutarlo affinché la sua vita sia veramente fertile nella fede e nell’amore. (La Chiesa.it). 

__________________

In questo è glorificato il Padre: «che portiate molto frutto» – Questa Domenica si presenta quale festa della “pienezza battesimale”: dell’intimità profonda tra Cristo e il fedele rinato con lui a Pasqua. Ma a proposito dell’immagine della vite e del tralcio proposta oggi dal Vangelo di Giovanni, sant’Agostino commentava lapidario: «O la vite o il fuoco». O rimaniamo in Cristo e Lui in noi, come il tralcio nella vite, e allora portiamo molto frutto; o al contrario: chi non rimane in Lui viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Il messaggio è una forte esortazione a rimanere in comunione di fede e di amore con Gesù, allo scopo di crescere nella vita divina, ricevuta nel Battesimo.
Ma come restare uniti a Lui nella fedeltà quotidiana? Giovanni risponde: «Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio e Dio in lui». Inoltre, annunciando come Paolo il Nome di Gesù risorto. Infine, accogliendo questo avvertimento: Dio Padre, quale agricoltore, pota il tralcio della vite, operazione dolorosa ma necessaria per portare frutto. Altrimenti avverrà la separazione: chi non rimane in Cristo è come un albero che non fruttifica: viene buttato nel fuoco per essere bruciato. (Sergio Gaspari in “La Domenica”). 

 2. Aspetti della vita: VII Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano
La famiglia: il lavoro e la festa
Il “Settimo Incontro Mondiale delle Famiglie” (Milano, 30 maggio – 3 giugno 2012) sarà dedicato a “La famiglia: il lavoro e la festa“; si tratta di una grande occasione per riflettere sul mistero grande della creazione, e sul rapporto tra questi tre luoghi fondativi dell’umano, strettamente intrecciati fin dal primo racconto biblico della Genesi, che ci aiuta prima di tutto a riscoprire il tempo della festa.
Infatti «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando» (Gn 2,2-3). Lavoro e festa sono quindi santificati proprio nell’esperienza divina della creazione.
Il lavoro dell’uomo è esperienza di Paradiso: «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gn 2,15); un compito di lavoro e di custodia del creato, che viene affidato all’uomo “prima” del peccato e della cacciata, ed è quindi pienamente pacificato e santificato: solo dopo il peccato sarà “maledetto il suolo”, e il lavoro diventa “dolore… sudore… spine e cardi” (Cfr Gn 3,17-19).
Allora il lavoro può diventare anche oggi collaborazione gioiosa e lieve all’opera creatrice di Dio, per ciascuno di noi, nella conversione e nella liberazione dal peccato, attraverso quel “liberaci dal male” che Gesù ci ha insegnato a chiedere. «Il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie costituisce un’occasione privilegiata per ripensare il lavoro e la festa nella prospettiva di una famiglia unita e aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stesso nucleo familiare» (Benedetto XVI, 23 agosto 2010).
Francesco Belletti, Direttore Cisf (Centro Internazionale Studi Famiglia)

Una preghiera per restare vigili
Signore, nell’intima unione di vita con Te ci è consentito chiedere ciò che il nostro cuore desidera. Donaci la grazia e la forza di staccarci dagli errori e di camminare nella verità, per dare senso e speranza ai nostri giorni. Sei la “vite vera” e noi, in te, tralci fecondi nella gioiosa fedeltà ai tuoi comandamenti. (Lucia Giallorenzo).

3. Un incontro con S. Alfonso
Un vescovo mite e mansueto
La mansuetudine di S. Alfonso spiccò sopra tutto nelle persecuzioni, che egli dovette tollerare per estirpare gli scandali dalla sua diocesi, e per riformare i costumi del popolo e del clero. Aveva come modello San Crisostomo il quale insegnava a tutti i pastori della Chiesa per rincuorarli nell’adempiere il proprio ministero: “Là dove sono molti travagli, ivi l’evangelo maggiormente fruttifica, giacché il demonio diviene furibondo e si scaglia contro quei ministri di Dio che gli strappano le anime dalle fauci”.
Convinto di una tal verità il nostro santo Vescovo era solito esclamare: “Povero quel vescovo, che sta quieto: bisogna che viva inquieto per fare l’ufficio proprio”. Ed altre volte lepidamente ripeteva: “Questo è l’ ufficio de’ vescovi di buscarle sempre”.
Vari sono i fatti in cui toccò a S. Alfonso di palesare la sua eroica mansuetudine. Una volta si era adoperato presso un Provinciale per far uscire dalla diocesi un religioso del suo Ordine, che non serbava un’ esemplare condotta. Offeso di ciò il fratello di costui, secolare, si presentò furibondo innanzi al Santo, lo carico di parole ingiuriose e lo minacciò anche di percuoterlo con calci. Ma qual fu la risposta del santo? Senza alterarsi, altro non rispose, che queste due parole: “via mo, via mo”.

Alfonso aveva fatto un contratto con la sua lingua di non uscire giammai in alcuna espressione di risentimento, per qualunque affronto avesse ricevuto, ed in tal modo esercitò eroicamente la virtù della mansuetudine.
Ad un canonico che gli faceva osservare che il suo silenzio e la sua pazienza rendeva più baldanzosi gl’indiscreti e gli imprudenti, il Santo rispose: “Oh! canonico mio, quando uno viene ingiustamente ingiuriato, non bisogna pigliarsi collera, ma rimetterlo tutto a Dio!”.
Vi furono molti che criticavano S. Alfonso per questa sua condotta, affermando, che se egli era lodevole nel soffrire in pace le ingiurie ed i disprezzi diretti alla sua persona, non era però conveniente tollerare gli affronti che degradavano la sua dignità episcopale.
Ma Alfonso non credeva di avvilire il suo stato col soffrire pazientemente le altrui ingiurie, facendosi simile a Cristo che non solo fu bersaglio di mille villanie da parte  degli ebrei, ma si lasciò legare come un malfattore, flagellare alla colonna, caricare di sputi, coronare di spine, e trafiggere sul duro patibolo della croce.
(Cf. Berruti, Lo Spirito di S. Alfonso, pp. 240-241).

 

4. Vivere la settimana con la liturgia = V Settimana di Pasqua
(7-12 maggio) Liturgia delle Ore: I Settimana con parti proprie. 

7  maggio  (lunedì) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi = Non a noi, Signore, ma al tuo nome dà gloria. – Tutta la Trinità è coinvolta nella nostra vita nuova: chi ama Gesù è amato dal Padre, lo Spirito donato dal Padre ci ricorderà gli insegnamenti del Figlio.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 14,5-18; Salmo 113B,1-4.15-16; Giovanni 14,21-26.
  • – Santi di oggi  =  Santa Flavia Domitilla; Santa Rosa Venerini; Sant’Agostino Roscelli. 

8  maggio  (martedì) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi  = I tuoi amici, Signore, proclamino la gloria del tuo regno. –  Il principe di questo mondo, forza malvagia e bugiarda, non può nulla contro il Risorto: manteniamo, perciò, il cuore in pace e libero da ogni turbamento
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 14,19-28; Salmo 144,10-13.21; Giovanni 14,27-31a.
  • – Santi di oggi  =  Beata Maria Vergine di Pompei; San Vittore; San Bonifacio IV.

9  maggio  (mercoledì) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi  – Andremo con gioia alla casa del Signore. – L’agricoltore, la vite, i tralci: ecco la metafora per indicare il legame tra il Padre, il Figlio e noi. Chi si lascia curare dal Padre e rimane attaccato alle parole del Figlio, porterà molto frutto.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 15,1-6; Salmo 121,1-6; Giovanni 15,1-8.
  • – Santi di oggi  =  San Pacomio; Sant’Isaia profeta; Beato Forte Gabrielli.

10  maggio  (giovedì)  –  Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi =  Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore. – Per rimanere nell’amore del Figlio, che a sua volta ama il Padre, ed avere gioia piena, basta osservare i comandamenti dell’amore.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 15,7-21; Salmo 95,1-3.10; Giovanni 15,9-11.
  • – Santi di oggi  =  San Gordiano; San Cataldo; Beata Beatrice d’Este.

11  maggio  (venerdì) – Colore liturgico bianco.

  • – Pensiero dalle letture bibliche di oggi  = Ti loderò fra i popoli, Signore. – Ci amiamo davvero tra noi fino al punto da essere disponibili a dare la vita per gli altri, così come Gesù fa per noi?
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  =   Atti 15,22-31; Salmo 56,8-12; Giovanni 15,12-17.
  • – Santi di oggi  =  Sant’Ignazio da Laconi; San Gualtiero; Beato Gregorio Celli.

12  maggio  (sabato) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi  =  Acclamate il Signore, voi tutti della terra. – Odio e persecuzione aspettano tutti coloro che, seguendo quanto ha fatto Gesù, restano nel mondo ma non sono mai del mondo.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 16,1-10; Salmo 99,2-3.5; Giovanni 15,18-21.
  • – Santi di oggi  = Santi Nereo e Achilleo. San Pancrazio.

 

5. Curiosità calabresi del passato
San Gaetano Catanoso (1879-1963) e la Madonna
Gaetano Catanoso nacque a Chorio di San Lorenzo, Archidiocesi di Reggio Calabria, il 14 febbraio 1879.
Ordinato sacerdote il 20 settembre 1902, fu parroco di Pentedattilo e della Candelora in Reggio Calabria, dove realizzò un centro irradiante di vita eucaristica, divulgando la devozione al Volto Santo.
Guida illuminata delle anime, da essere definito “il Confessore della Chiesa reggina”, fu anche Cappellano delle carceri e dell’ospedale, Padre spirituale del Seminario diocesano, Canonico Penitenziere della Cattedrale. Promosse e sostenne iniziative di sostentamento per le vocazioni ecclesiastiche e fondò la “Congregazione delle Suore Veroniche del Volto Santo”.
Morì il 4 aprile 1963, fu beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 4 maggio 1997 e canonizzato nel 2005.

P. Catanoso è stato definito l’uomo dell’essenziale. Semplice e talora arguto, è vissuto alla scuola del Crocifisso e dell’Eucaristia sempre attento ai mali della società, visti come la conseguenza naturale del peccato. “Il regno di Dio – diceva – è il regno dell’amore, ma come può essere edificato il regno dell’amore dove giustizia, istruzione e decoroso tenore di vita non possono essere garantiti? Le parole di denuncia o di solidarietà da sole non bastano. Egli, perciò, volle amare e servire i poveri “con i fatti e nella verità” (I Gv. 3,18) prendendo a modello il buon samaritano ed avendo come sostegno ed anima la celebrazione della Messa quotidiana e l’adorazione del SS.mo. Prova della centralità che l’Eucaristia ebbe nella sua vita è la pubblicazione nel 1915 di una Ora eucaristica sacerdotale.
Niente lo raffreddò dalle sue convinzioni, nemmeno la cecità che l’afflisse negli ultimi tempi della sua esistenza terrena. Anzi proprio nell’ultima malattia infondeva agli altri coraggio ed esultava ripetendo: “Com’è bello il Signore! Com’è bello il Signore!”
Ed un’anima candida come la sua non poteva non aver nutrito una tenera devozione alla Vergine, devozione che trasfuse al popolo di Dio ed alle sue Suore. “Amiamo la Mamma, — diceva — preghiamo la Mamma, consoliamo la Mamma! Preghiamo la Madonna perché ci aiuti ad amare Gesù“. E fino alla morte rimase fedele alla recita quotidiana del Rosario. La corona, anzi, era sempre tra le sue mani quasi a significare il vincolo d’amore che lo legava alla Madre di Dio.
(cf Luigi Renzo in Calabria di ieri e di oggi, Ferrari Editore 2007, pp.145-146).

 

 

Condividi l'articolo