Evento che mobilita tutta la Sardegna
La processione parte da una chiesetta seicentesca dove il Santo è ospitato, una folla di fedeli segue il carro a piedi per una decina di chilometri
Il primo Maggio, a Cagliari, si celebra, che culmina con lo scioglimento da parte del sindaco, di un voto fatto al Santo che ha liberato la città da una tremenda pestilenza nel 1656.
Suscita stupore e commozione, in un’epoca supertecnologica, disincantata, dove le giornate sono scandite da problemi economici terribili, dove l’unico dio esistente sembra essere il dio denaro, vedere una folla immensa che si assiepa lungo le strade o segue per molti chilometri la processione di un giovane martire cristiano, il quale, con il suo aspetto più da damerino del 700 che da feroce guerriero, viene portato in processione, ricoperto di gioielli, su un carro trainato da due buoi che vengono scelti alla nascita tra esemplari di straordinaria bellezza e vengono allevati da famiglie che in qualche modo si sono conquistate questo onore, solo per trasportare il Santo.
Tutta la Sardegna si mobilita per questo evento: da ogni paese si organizzano gruppi di giovani, vecchi e bambini che indossano il costume tradizionale per affrontare una faticosissima processione in un clima torrido sfilando tra una folla immensa e multietnica che si assiepa lungo i marciapiedi.
La processione parte da una chiesetta seicentesca dove il Santo è ospitato abitualmente e che viene addobbata di garofani rossi, simbolo del martirio: aprono il corteo “is traccas”- cioè i carri trainati da buoi, abbelliti da decorazioni di fiori e di arance- nei quali le donne siedono sfoggiando le variopinte ampie sottane plissettate che partono dagli aderenti corpetti ornati di filigrane raffinatissime, poi seguono i gruppi in costume preceduti dallo stendardo che li presenta: accanto a volti segnati dal tempo e dalla dura vita di campagna, con fisici che ricordano le possenti querce che per sopravvivere devono combattere il maestrale, sfilano splendide fanciulle con gli occhi grandi, i capelli nascosti dalle cuffie pizzose, l’incedere regale in questi abiti principeschi.
Alla fine della sfilata, preceduto dai miliziani a cavallo, dalle autorità cittadine, dalle confraternite,procede, solenne, il carro che trasporta il Santo: dai balconi gli lanciano i fiori, quando passa davanti al Comune la strada diventa un tappeto di petali di rose, la folla applaude e le navi del porto suonano le loro sirene.
Una folla di fedeli segue il carro del Santo a piedi per una decina di chilometri, sino ad una chiesetta campestre dove avviene il cambio del cocchio: spogliato degli abiti dorati, privato dei gioielli,al Santo viene asciugato il sudore con dei panni bianchi e lo si veste di abiti più semplici, da campagna, poi si sostituisce il cocchio dorato con uno in legno, semplice e il viaggio continua, con diverse soste, sino al luogo del martirio.
Secondo la tradizione Sant’Efisio avrebbe posto fine alla pestilenza che decimava la popolazione cagliaritana, ma il vero miracolo si ripete ogni anno perchè questo giovane guerriero, nato ad Antiochia, mandato da Diocleziano per combattere i cristiani e poi lui stesso convertitosi e per questo martirizzato, riesce ogni anno a riunire in un’unico abbraccio tutta la Sardegna e, nel momento in cui il Sindaco “scioglie il voto” sembra che il tempo si fermi e la gente per un attimo dimentichi il vortice convulso della quotidianità in cui non c’è tempo per ringraziare e tutto ciò che abbiamo pensiamo ci spetti di diritto.