Fede e dintorni

Il prete: dalle amarezze alla vera gioia

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Il prete: dalle amarezze alla vera gioia.

– Il 27 febbraio scorso Papa Francesco non ha partecipato, come previsto, alla tradizionale Liturgia penitenziale con il clero romano: colpa di una leggera indisposizione.
– Quello avrebbe voluto dire direttamente, lo ha fatto leggere dal cardinale Vicario Card. Angelo De Donatis: “Le amarezze del prete”.
– Per Papa Francesco “l’amarezza è un sottile nemico che trova molti modi per camuffarsi e nascondersi e come un parassita lentamente ci ruba la gioia della vocazione a cui un giorno siamo stati chiamati…. Ma guardare in faccia le nostre amarezze e confrontarsi con esse ci permette di prendere contatto con la nostra umanità, con la nostra benedetta umanità… Tanto da ricordarci che come sacerdoti non siamo chiamati a essere onnipotenti, ma uomini peccatori perdonati e inviati“.
– Il sacerdote vive con la virtù della speranza, tenendo conto che essa si regge su un’alleanza: Dio ha parlato e gli ha promesso nel giorno dell’ordinazione sacerdotale che la sua sarà una vita piena, con la pienezza e il sapore delle Beatitudini. – Così la gioia ruberà sempre spazio alla tristezza.

La storia di don Carlo De Dominicis.
Oggi vive in una parrocchia di Roma, la parrocchia di San Giuseppe Cottolengo, all’Aurelio, dove don Carlo De Dominicis è vice parroco, una vocazione adulta arrivata dopo un’infanzia per niente facile e un agnosticismo imperante almeno fino ai 34 anni.
Ha un padre di successo, che però quando Carlo è piccolo lascia la madre, la quale poi si ammala. Carlo ne soffre e cresce «senza volersi bene: avevo tante maschere, ero il pagliaccio della compagnia di amici».
Per Carlo inizia un periodo di dipendenza dalla pornografia, un’altra delle piaghe giovanili che Nuovi Orizzonti combatte, anche perché, come ripete Chiara Amirante, delle varie dipendenze quella sessuale «è la peggiore, che provoca le ferite del cuore».

Carlo vive così, in maniera dissoluta, anche se tutto il resto attorno sembra funzionare: una laurea in legge, un buon lavoro, una casa. Ma di fondo c’è sempre quella dipendenza sessuale: tanti legami usa e getta, niente di affettivo, una menzogna dietro l’altra.
E un fratello gemello, che nel 2000 torna da un viaggio a Taizé e in camera accende una candela, mettendosi a pregare tutte le sere, «e io, agnostico e ribelle lo prendo sempre in giro. Salvo poi scoprire, nove anni dopo, che egli pregava per me».

Qualcosa scatta e molto cambia.
Nel 2009 anche per Carlo c’è un viaggio inaspettato a Medjugorje, ma giusto per far contenta una ragazza e perché, lui che in quel periodo leggeva libri di new age, aveva sentito dire che lì c’era qualcosa che aveva a che fare con la guarigione del cuore.
Ma quella che trova è una discesa nel cuore: «E lì mi venne da piangere, io che non lo facevo mai, cinico com’ero».
Tornato a casa, Carlo per prima cosa distrugge tutto il materiale pornografico raccolto per anni e inizia a farsi domande più profonde sul senso della vita.
La chiamata è lì, dietro l’angolo, la avverte ma la rifiuta, un po’ impaurito.
Allora si fidanza con una ragazza bellissima, però Dio non molla la presa.
Piuttosto è Carlo a lasciare quella ragazza dopo un anno e, passati altri dodici mesi, entra in seminario «e da un anno e mezzo, a 45 anni, sono prete. Era questo l’amore che cercavo, quell’amore più grande che mi ha dato il coraggio di lasciare tutto».

Don Carlo racconta la sua vocazione.
«Nel 2009 ho avuto un inaspettato e profondo risveglio spirituale, durante un pellegrinaggio fatto quasi per caso, attirato da una ragazza.
In quei giorni Chiara Amirante predicava gli esercizi spirituali, che mi parlarono dritto al cuore.
Fino ad allora nella mia vita avevo accumulato tante sicurezze, per coprire le mie fragilità umane: un lavoro fisso nell’ufficio legale di un comune nel padovano; da qualche anno avevo il titolo di avvocato e avevo un appartamento tutto mio.
Da quel pellegrinaggio la mia vita è completamente cambiata.
Piano piano dentro di me è maturata una chiamata al sacerdozio, che è culminata il 24 giugno 2018, giorno in cui sono stato ordinato sacerdote.
E ora mi sento come un piccolo che si meraviglia di tutto e che muove i primi passi, dopo aver gattonato… Infinitamente grato a Dio per tutti i doni stupendi che mi ha fatto!

(fonte: cf L’ Osservatore Romano, 26 febbraio 2020 e Facebook).

Il sacerdote non vive più per se stesso, ma per Dio e per i fratelli. Il sacerdote non lascia spazio alla tristezza. Egli soprattutto vive con la virtù della speranza, tenendo conto che essa si regge su un’alleanza: Dio gli ha parlato e gli ha promesso nel giorno dell’ordinazione sacerdotale che la sua sarà una vita piena, con la pienezza e il sapore delle Beatitudini. – Così la gioia ruberà sempre spazio alla tristezza che si potrà accumulare col passare dei giorni.

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