La riflessione del Dr. Tino Mazzitelli, ex sindaco di Zungri ed ex Direttore sanitario P.O. Tropea
“Io credo, al pari di una grande moltitudine di altre persone, che la nostra non diventerà mai una democrazia moderna e compiuta finché non chiuderà definitivamente i conti con un passato morto, ma non ancora sepolto”
Io penso, e non credo di sbagliare, che l’Italia non è mai diventata una vera democrazia perché dalla caduta del fascismo il 25 Luglio 1943 -(non il 25 Aprile quando il Paese insorse in massa contro quel regime e il suo fondatore)- non è riuscita, o forse, non ha voluto superare le divisioni tra fascismo e antifascismo. La colpa è di tutti, salvo di quei pochi come De Felice, Montanelli e Prezzolini che, come oracoli inascoltati, per anni hanno denunciato questo assurdo e masochistico manicheismo. Come non essere d’accordo?
Il tema del fascismo e dell’antifascismo è stato affrontato una infinità di volte dal 1945 ad oggi. E’ stato un vecchio chiodo fisso oltre che un cruccio da insigni filosofi e politologi, molti dei quali non riuscivano a farsi una ragione. Ma una ragione c’è! Molti antifascisti divennero tali solo quando il regime cadde. Non lo fecero, i più, perché la palinodia, cioè l’abiura e la ritrattazione, presupponeva un esame di coscienza che nessuno, o quasi, voleva fare. Gli esami di coscienza sono imbarazzanti e scomodi, richiedono coraggio che pochi hanno, specialmente tra gli intellettuali, i quali, fin dai tempi di Virgilio, pupillo di Mecenate, stretto collaboratore di Augusto, non hanno mai amato mettersi all’ombra.
Preferivano mettersi al servizio del padrone di turno, almeno finché restava padrone. Quando non lo era più, quando perdeva il potere e un altro ne prendeva il posto, voltavano spensieratamente gabbana e salivano sul suo carro. Se lo avevano fatto con discrezione, in silenzio, senza alzare la voce, senza accanirsi contro il “Principe” detronizzato, tutto bene o, comunque, non così male. Male, invece, malissimo quando si ergevano a censori, salivano sul pulpito, mettevano sotto accusa e sotto processo chi, fino al giorno prima, avevano onorato e blandito.
L’idea di non godere delle grazie del nuovo potente e di non riscuoterne la benevolenza li avrebbe fatti entrare in crisi. Ma i nostri, tanti trasformisti, hanno un passato che peserebbe come un macigno sul loro presente se non ne facessero la più plateale, oscena abiura. Più il “principe”, ormai nella polvere, li ha favoriti, più i rinnegati lo inchiodano alla berlina e alla gogna. Un voltagabbana non crede in niente. Fa solo finta di credere finché gli fa comodo, finché così brucia le tappe di una carriera altrimenti faticosa.
Dicevano bene Longanesi e Maccari:” I fascisti si dividono in fascisti e antifascisti”. Come diceva bene Flaiano, che mai aveva avuto simpatie o collusioni con il regime, il suo Duce e i suoi gerarchi:” C’è una sola cosa peggiore del fascismo: l’antifascismo”. Una battuta paradossale e francamente non condivisibile in toto perché il fascismo per molti aspetti fu una dittatura e, come tutte le dittature, esecrabile. Confiscò la libertà, mise la mordacchia e irreggimentò impedendo di fare quello che, nel limite del lecito e del legittimo, si sarebbe voluto fare.
Flaiano, democratico doc, uomo integro e coerente, disprezzava i conformisti e ogni atteggiamento di chi si adegua passivamente all’idee e agli usi prevalenti. Diceva con humor, intelligenza, coraggio quello che pensava, traducendolo in brillanti e amari aforismi, piccole, ma anche grandi verità liofilizzate. Io credo, al pari di una grande moltitudine di altre persone, che la nostra non diventerà mai una democrazia moderna e compiuta finché non chiuderà definitivamente i conti con un passato morto, ma non ancora sepolto. Il passato, specialmente quello che alimenta nei vivi odi, livori, rancori deve passare per sempre.
C’è da riconoscere che una quindicina di anni fa, con la nascita del bipolarismo, anche se diviso, litigioso, riottoso, le cose sono un po’ cambiate. La destra è andata al potere governando per più di cinque anni. Avrebbe potuto fare di più per smantellare e archiviare questi odi e rancori, solo sopiti. E questo spiega perchè la lotta politica sia ancora così cafonesca, il dibattito così rozzo, i protagonisti così intolleranti. Spiega altresì la levata di scudi, la polemica plateale e anacronistica che in questi giorni sta montando a Vibo Valentia contro la sindaca Maria Limardo, ”rea” di non ostacolare l’iniziativa di un gruppo di consiglieri comunali fortemente determinati ad intitolare a Giorgio Almirante una via della città.
Se è vero che Almirante ha assorbito in pieno il credo e i principi del fascismo incarnandone la dottrina, è altrettanto vero che nel post fascismo Almirante è stato, assieme a Berlinguer, il politico della riconciliazione, rimanendo ancorché fedele e coerente ai principi di uomo politico legato profondamente ai valori della patria, a differenza di tanti altri (Palmiro Togliatti, ad esempio)-legati alla santa madre Russia o al dollaro americano. “Non restaurare, né rinnegare era il suo motto” che lo ha contraddistinto per tutta la vita.
Possibile che ancora oggi c’è qualcuno che si scandalizza e si straccia le vesti perché una sindaca ha in animo di intitolare una via ad un politico che mai, a differenza di altri, si è sporcato le mani di sangue, profondamente onesto e incorruttibile? Possibile che ancora oggi c’è qualcuno che vorrebbe, come in passato, che la toponomastica dei paesi fosse riservata e ad appannaggio di personaggi della sinistra marxista, i soli, secondo una tesi di comodo, titolati ad usufruire dell’onorificienza perché solo attraverso di loro è possibile costruire un “terreno comune essenziale sul quale avviare tutti insieme un cammino di rinascita, di identità, di unità”.
Dimenticano costoro che il comunismo, dopo l’eliminazione dello zar, in tutto l’arco della sua storia ha prodotto nel mondo più lutti e nefandezze di quanti ne ha prodotto il nazifascismo. Possibile che a cominciare da chi ci rappresenta non si renda conto che o i toni della democrazia polemica fra gli schieramenti si smorzano o il Paese sarà sempre più ingovernabile? E quando un Paese è troppo a lungo ingovernabile può succedere di tutto. Specialmente quello che non vorremmo mai che succedesse. Non dimentichiamo che il cavalier Benito andò al potere con trentacinque deputati e lo tenne in pugno per vent’anni. Ma, purtroppo, la Storia non insegna niente. Soprattutto a chi non la conosce o, peggio, la manipola a proprio uso e consumo.
Il passato va capito, non dimenticato!!!
(Ex Sindaco di Zungri (Ex Direttore sanitario P.O. Tropea)
Dr. Tino Mazzitelli