Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Il Natale di Ciccio chef.
A volte bisogna quasi morire per rinascere: la Chiesa chiama la morte “dies natalis”, giorno della nascita. Si rinasce per varie circostanze, ma la rinascita in seguito ad una storia di dolore ha garanzia di durata nel tempo.
– E’ Natale: oggi celebriamo e festeggiamo la nascita del Bambino Gesù, che lasciando di essere Dio ha voluto sposare la nostra umanità ferita. E nella sua nascita gioiamo e celebriamo la rinascita di tutte le persone che hanno superato il dolore. Come “Ciccio chef” (così viene affettuosamente chiamato): la vita ingoiata dalle slot e dall’azzardo. Aveva un’osteria e una famiglia, Francesco. Adesso dorme in Caritas e cucina per i poveri. «Il mio Natale sarà di cambiamento».
«Non è vero. Non si va lì per divertirsi e perdere un quarto d’ora. Lì si perdono i soldi, si perde la vita. Si perde tutto. Tutto».
♦ Aveva un’osteria, Francesco, considerata fra i primi cinque o sei ristoranti di Benevento. E non ha mai giocato.
Poi i dissapori con la moglie, le difficoltà in casa e comincia a rifugiarsi nelle sale giochi. Ci passa ore. La sera, se si sente giù, chiude il ristorante e va a giocarsi l’incasso di giornata alle slot machine.
♦ A «passarci più ore possibili». La realtà è li fuori, lui preferisce restare dentro. Se ne rende conto, è diventata dipendenza, non riesce più a farne a meno. Va via di casa, «come un vigliacco», deve cedere l’osteria, perde tutto.
«Arriva l’epilogo», spiega. Arriva il conto da saldare alla realtà. È nel baratro.
♥ Finisce in Caritas «grazie a don Nicola De Blasio, il direttore, che anni prima lo aveva anche sposato. Da qualche mese dorme qui e qui, nella mensa per i poveri, cucina: «Provo qualcosa che non si può descrivere, qualcosa che ti fa capire tante cose. E allora ti impegni a far uscire un piatto, anche il più semplice possibile, per far si che si siede a tavola con i disagi che ha possa avere sensazioni veramente belle».
♥ Qui lo chiamano “Ciccio chef”. Pensa a chi è com’era lui, com’è stato lui. Vorrebbe poter spiegarlo, dirlo: «Non fate gli errori che ho fatto io. Il gioco porta solo disastri, può essere qualcosa di letale da cui non si riesce poi a tornare indietro».
♦♦ Le lacrime gli rigano il volto, ma ce la farà: «Adesso mi tocca vincere davvero questa partita».
(fonte: Avvenire.it, 23 dicembre 2017).
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