Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Il mio prossimo in ogni tempo.
Chi è il mio prossimo? Chi è il mio prossimo oggi? È la domanda che questa domenica 14 luglio, in tutte le Chiese del mondo, ci sentiamo proporre dal Vangelo di Luca. – Gesù risponde con la parabola del Buon Samaritano.
– Le storie di dolore non accennano a diminuire nella nostra società, anzi – amplificate dai media, determinano uno smarrimento nell’umanità che sembra aver perduto la sua identità: quella di essere “umana”.
– Tre anni fa ci fu la straziante morte del nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi dissennatamente assassinato a Fermo. Ma le cose non sembrano migliorate. C’è ancora tanto odio in giro e morti ammazzati. Prciò c’è ancora tanto bisogno di chi si carichi questa umanità ferita.
– Ci sono storie che ci interrogano e noi dobbiamo solo pregare di avere occhi per poter vedere le sofferenze di tanta gente, anche col limite e il rischio di non conoscere chi sono. – Allora saremo in grado di pensare anche a tanti immigrati e rifugiati che arrivano da noi in cerca di un futuro per loro e le loro famiglie.
Dal Vangelo di questa domenica (XV TO C) cf Lc 10,25-37
In quel tempo, un dottore della Legge disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
La storia di Emmanuel si fermò tre anni fa.
Emmanuel,
nasci in Nigeria, trentasei anni fa. Ti sposi e metti su famiglia, finché un giorno i feroci saladini della macelleria islamista di Boko Haram fanno saltare per aria la chiesa con dentro tuo figlio, i tuoi genitori e i tuoi suoceri.
Vendi tutto ciò che possiedi e scappi in Libia, dove un trafficante di esseri umani malmena tua moglie facendole perdere il secondo figlio che ha in grembo. Riuscite a salire su un gommone e a scampare alla traversata.
Risalite l’Italia dalla Sicilia alle Marche per scorgere uno sprazzo di luce: l’arcivescovado di Fermo vi accoglie in seminario, aiutandovi a presentare domanda di asilo.
Nei tuoi pensieri si riaffaccia la speranza di qualcosa che sia degno di chiamarsi futuro: un lavoro, una casa, magari un altro figlio per lenire quel dolore che non se ne va.
Poi la tragedia, proprio da noi, che ti abbiamo accolto. Martedì 5 luglio, stai camminando per la strada con la tua donna quando un uomo ti urla addosso che hai sposato una scimmia africana. Tu difendi tua moglie, lui insiste, venite alle mani… e la tua breve vita finisce sul selciato.
♦ “Conoscere la storia di Emmanuel e Chinyery, deve farci riflettere su chi siano gli uomini, le donne e i bambini che chiedono aiuto: i drammi da cui fuggono, le difficoltà che affrontano, le perdite subite, le violazioni nei loro corpi e le ferite invisibili nelle loro anime.
♦ Il razzismo non è soltanto uccidere, ferire e umiliare: il razzismo è ignorare, rifiutare di conoscere, rimuovere e non creare relazioni.
Se non ci fosse stata questa tragedia, ci saremmo interessati della storia di dolore nella vita di Emmanuel e Chinyery?
♦ Compito delle comunità cristiane e di ognuno è quello di favorire questa conoscenza: solo così potremo prevenire la violenza, spesso provocata dalla povertà di tanti uomini e donne manipolati da professionisti del terrore.
♦ La Caritas Roma invita a pregare perché a questo dissennato omicidio seguano concrete azioni di solidarietà e accoglienza: nella politica, in parrocchia e nel cuore di ognuno.