Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Il Messia sofferente specchio per la Chiesa
Gli scandali e il cattivo esempio provenienti anche da persone che hanno aderito a Cristo rivelano che la salvezza, di cui abbiamo bisogno, non può venire attraverso le logiche mondane e tanto meno attraverso le vie tortuose del peccato e del vizio accettato con fin troppa condiscendenza. La salvezza, nella logica del vangelo, passa attraverso la sofferenza, che solo un amore senza limiti come quello di Cristo può sostenere.
Ci attira il Cristo che soffre? Allora non esitiamo a seguirlo. Accogliamo l’invito a perdere la nostra vita aderendo in pienezza alla logica della croce, come il Beato Don Pino Puglisi che tra un mese sarà canonizzato. – Sentiamoci vicini e sosteniamo almeno con la nostra preghiera tutte le persone che sono a servizio della carità verso gli ultimi; le numerose associazioni di volontariato che si sforzano di aiutare i più deboli; i religiosi, monaci e monache, che hanno scelto di rinunciare a tutto per seguire Cristo. Tutti possano ripetere il loro “sì” ogni giorno perché il mondo abbia una vita nuova.
Dal Vangelo di questa domenica(Mc 8,27-35)
♦ In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
♥ E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
♦ Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
♥ Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
♥ Gesù ci rivela quale Messia egli sia venuto ad incarnare. Ce lo fa comprendere quando ammonisce severamente Pietro e gli altri apostoli di non affermare di lui: «Tu sei il Cristo! », perché egli aveva compreso che nei loro animi albergava l’idea di un Messia liberatore, che avrebbe riscattato Israele con la forza e la spada.
♥ Il messianismo di Gesù è differente. Esso coincide con l’esperienza del servo sofferente sulle cui labbra Isaia pone queste parole: «Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi».
♥ Questi è appunto il nostro Messia che con la sua sofferenza ha redento l’umanità prendendo su di sé i peccati del mondo.
Anche noi siamo chiamati, se desideriamo imitarlo, ad amare e a servire i nostri fratelli «pagando di persona» come ha fatto lui. In che modo? Con un sacrificio cruento come il suo? Forse questo no, ma sicuramente offrendo ai fratelli tutta quella carità e vicinanza solidale che ha origine dal sacrificio del Signore, realizzando quelle “opere” che danno concretezza e tangibilità alla nostra fede. (don Guido Colombo, ssp).
Don Pino Puglisi (1937-1993): il sorriso e la croce.
♥ Tra un mese a Roma sarà canonizzato Don Pino Puglisi, il sacerdote che ha affrontato la mafia palermitana col sorriso e con l’attenzione paterna ai ragazzi. Ben presto la mafia si vede progressivamente privata di manovalanza e, soprattutto, di consenso popolare per l’opera di quel prete che ben presto diventa una sgradita “interferenza” e che raccoglie i giovani in un centro, intitolato al Padre Nostro, dove fa ripetizione ai bambini poveri, destinati a un futuro di disagio o di asservimento alla potenza dei boss.
♥ A tutti egli ripete: «Da soli, non saremo noi a trasformare il quartiere. Noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualcosa, e se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto…».
Cominciano ad arrivare i primi avvertimenti, le prime molotov e le prime porte incendiate, ma don Pino non è tipo da lasciarsi intimorire: «Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti», denuncia in chiesa. È in questo contesto che viene decretata la sua condanna a morte da parte dei boss Graviano.
♥ I sicari lo avvicinano davanti alla porta di casa il 15 settembre 1993, sera del suo cinquantaseiesimo compleanno. Lo eliminano con un colpo di pistola alla nuca, tentando di far apparire l’omicidio come conseguenza di una rapina finita male. È Salvatore Grigoli, quello che ha premuto il grilletto, a ricordare il suo ultimo sorriso e le parole «Me l’aspettavo», che dicono come quella morte non sia un incidente di percorso ma un rischio di cui don Pino era ben cosciente.
♥ Quell’assassinio «ci sembrò subito come una maledizione, perché da allora cominciò ad andarci tutto storto», riferisce Salvatore Grigoli, che intanto ha iniziato un percorso di conversione, imitato alcuni anni dopo dall’altro sicario, Gaspare Spatuzza. Entrambi attribuiscono il ravvedimento alla loro vittima, da cui sono certi di essere stati perdonati.
♥ Dopo trent’anni la Chiesa riconosce la morte di don Puglisi come martirio “in odio alla fede”, privando di fatto la mafia di quell’aura di religiosità, o meglio di devozionismo che alcuni boss hanno ostentato.
Il 25 maggio 2013, sul prato del Foro Italico di Palermo, davanti ad una folla di circa centomila fedeli, è stato proclamato beato. Ora tra un mese sarà proclamato Santo.
♥ ♥ Il sorriso e la croce accettata e portata con amore è la testimonianza vincente di Don Pino Puglisi per noi oggi.