Il Magistrato Pasquale Lo Torto

Il tropeano, Pubblico Ministero presso la Procura di Palermo

A Trent’anni dall’abolizione del “Delitto D’onore”

Il Magistrato Pasquale Lo Torto
Il Magistrato Pasquale Lo Torto

“Occorre adeguare la legge al nuovo modo di considerare la vita, nei suoi rapporti veri, essenziali, rieducando le masse, mostrando loro qual è il vero onore da tutelare. Ciò si può raggiungere attraverso molteplici fattori concorrenti, uno dei quali è rappresentato dai pronunziati della giustizia. Se le sentenze rimarranno ancorate ai secolari pregiudizi atavici, i delitti organizzati continueranno. Per modificare la coscienza popolare occorre anche modificare le sentenze, e allora l’ambiente si renderà conto che il delitto d’onore come tale non esiste.”, era il 1961 quando il tropeano Pasquale Lo Torto, Pubblico Ministero presso la Procura di Palermo tra gli anni ‘50 e ’60, pronunciò queste parole. Balzato agli onori della cronaca per le sue serrate requisitorie con cui riuscì a smuovere macigni pesanti di pregiudizi atavici e mentalità medioevali, paradigmi assurdi che “giustificavano” a quei tempi il delitto d’onore quasi come un reato secondario, Lo Torto, incurante di scontrarsi con capisaldi culturali secolari, si battè soprattutto nello scardinare l’idea che la “sedotta abbandonata” potesse essere considerata l’unica vittima di un delitto passionale, incentrando le sue arringhe sulla doverosa analisi giuridica del delitto in quanto tale, dell’omicidio come fatto di sangue che nessun “onore” potrebbe mai derubricare. Siamo ancora lontani dal 5 agosto del 1981, data in cui il nostro codice penale vedrà abolito l’art.587 e con esso le relative attenuanti, grazie alla legge 442; lontani ma non tanto, da quelle lotte femministe che bollarono, giustamente, tale reato come “La licenza di uccidere”. Fu coraggioso questo calabrese, che non si dolse di scontrarsi contro l’indulgenza mostrata da alcuni suoi colleghi, vittime loro stessi di pregiudizi culturali, chiamati a giudicare imputati di tali orrori, ne tanto meno si preoccupò delle proteste del pubblico delle udienze, sempre numeroso ed attento a dimostrare vicinanza all’eroina protagonista dell’omicidio d’onore. Delitto d’onore giustificato per troppo lungo tempo in questa nostra Patria, culla di civiltà e diritto, eredità culturale di antichissime tradizioni tribali antecedenti sia a quelle Islamiche che Cristiane. E’ infatti nel Codice di Hammurabi (1792-1750 a.c.) che si può rintracciare la codificazione di questo delitto, trovandone traccia via via anche nelle leggi Assire (1200 a.c.) che sancivano l’appartenenza della verginità della donna alla famiglia. Il delitto d’onore come retaggio culturale difficile da scardinare anche in questo nostro Occidente, oggi nel 2011 a trent’anni dall’abolizione dal nostro codice, chiamato a confrontarsi con stili di vita e parametri sociali diversi, come diverse e molteplici sono le convivenze e gli scambi interculturali. Ci scandalizziamo ancora, fortunatamente, di fronte ad efferati omicidi come quello della marocchina Sanaa, per il destino che attende Sakinè, dimenticando forse che solo un trentennio fa anche l’Italia “civile” contemplava un delitto d’onore come se fosse altro rispetto ad un crimine. In una Sicilia dinamica ed attiva, nel pieno della ripresa economica, tra processi per mafia (iniziavano le prime grandi inchieste) come quello per i fatti di “Corleone” per i quali Lo Torto avanzò richiesta di ergastolo per un certo Luciano Liggio, e processi con strascichi politici, riportati sapientemente nel giusto alveo giuridico, come quello che vedeva imputato Danilo Dolci per lo “Sciopero alla rovescia” organizzato in una trazzera di Partinico insieme ai suoi accoliti, seguaci dell’apostolato promosso attraverso la comunità “Il borgo di Dio”, questo magistrato consapevole ed orgoglioso di essere espressione di calabresità positiva, non esitò a pronunciare nei dibattimenti giuste idee e prìncipi di emancipazione culturale. Definito “coraggioso” dal collega Antonino Scopelliti, altro eroe nostrano lungamente dimenticato, Lo Torto fu un uomo degno di essere spesso citato nelle cronache giudiziarie recanti firme prestigiose del giornalismo italiano, Mauro De Mauro, Gigi Ghirotti, Enrico Nassi, punto di riferimento per l’allestimento di uno dei migliori capolavori cinematografici italiani “Divorzio all’italiana” del maestro Pietro Germi, il quale gli fece una dedica sul libro di presentazione dell’anteprima del film con Mastroianni e la Sandrelli. A soli 48 anni il Dottor Pasquale dovette dire addio alla sua cara e numerosa famiglia, al suo amato lavoro, stroncato da una irruenta malattia; di lui, come di chiunque altro abbia saputo ben “seminare”, rimangono idee e parole cariche di una forte valenza pedagogica ed etica che contribuiscono ad alimentare quel “Vento del sud” auspicato per un vero riscatto sociale di questa nostra terra, il vento dell’orgoglio e della riconoscenza a chi ha saputo regalare stima e dignità ad un popolo, che sempre più spesso ha trovato merito ed affermazione solo fuori dai propri luoghi di nascita.

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Caterina Sorbilli
Docente nelle scuole del I ciclo, collaboratrice storica di Tropeaedintorni.it, è giornalista pubblicista iscritta all'albo professionale dell'Ordine dei giornalisti della Calabria nell'elenco pubblicisti.