Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Il coraggio di chiedere perdono
L’indifferenza dinanzi alla tragedia di una minoranza etnica crudelmente perseguitata, è stata vinta dall’umile gesto di Papa Francesco che in Bangladesh chiede perdono “a nome di tutto il mondo” ai 16 membri dell’etnia cacciata dal Myanmar. «Chiedo perdono ai Rohingya, oggi Dio si chiama anche così».
Un discorso a braccio, per esternare tutto il proprio dolore per la terribile sofferenza dei poveri perseguitati.
Nella conferenza stampa sull’aereo del ritorno Papa Francesco ha poi detto: “Ho pianto per i Rohingya… Volevano cacciarli dal palco, ma mi sono arrabbiato… Dal Bangladesh un grande esempio di accoglienza; un paese piccolo ha ricevuto 700 mila profughi. E ci sono paesi che chiudono le porte!”.
♥ Sì, proprio così. Il Papa ha chiesto perdono a nome del mondo ai Rohingya per la loro tragedia: «Ogni uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, anche questi nostri fratelli e sorelle». Ed ha usato espressamente la parola Rohingya. Tutto ciò è avvenuto al termine dell’incontro interreligioso sulla pace al quale era presente un drappello di 16 persone dell’etnia cacciata dal Myanmar: «La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya».
♦ Ecco integralmente le parole del Papa:
♥ «A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, chiedo perdono… Noi tutti vi siamo vicini. È poco quello che possiamo fare perché la vostra tragedia è molto dura e grande, ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male, chiedo perdono.
Tanti di voi mi avete detto del cuore grande del Bangladesh che vi ha accolto. Mi appello al vostro cuore grande perché sia capace di accordarci il perdono che chiediamo.
Nella tradizione giudaico-cristiana Dio ha creato l’uomo a Sua immagine e somiglianza. Tutti noi siamo questa immagine. Anche questi fratelli e sorelle sono l’immagine del Dio vivente.
Una tradizione della vostra religione dice che Dio ha preso dell’acqua e vi ha versato del sale, l’anima degli uomini. Noi tutti portiamo il sale di Dio dentro. Anche questi fratelli e sorelle.
Facciamo vedere al mondo cosa fa l’egoismo con l’immagine di Dio. Continuiamo a stare vicino a loro perché siano riconosciuti i loro diritti. Non chiudiamo il cuore, non guardiamo da un’altra parte.
♥ La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya. Ognuno ha la sua risposta».
♦ I profughi Rohingya, 12 uomini e 4 donne, incluse due bambine, erano accompagnati da due traduttori della Caritas. Dopo la preghiera del vescovo anglicano, sono saliti sul palco. Il Papa li ha salutati uno per uno, ha ascoltato le loro storie, ha stretto le mani. Si è chinato su un bimbo molto piccolo e lo ha baciato.
Due donne erano vestite con un lungo chador che lasciava scoperti solo occhi e bocca.
Volevano cacciarli dal palco, ma il Papa si è opposto decisamente.