Fede e dintorni

Giuseppe, Maria e il Bimbo che nascerà

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Giuseppe, Maria e il Bimbo che nascerà.

– Giuseppe è l’uomo che si apre al “sogno di Dio”: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere…».  Con queste parole comincia l’annunciazione di Giuseppe, raccontata nel Vangelo in questa ultima domenica di Avvento.
– Ogni volta che Dio si rivolge a una sua creatura, la prima parola è un invito affettuoso a non temere. Il Signore conosce la nostra paura di essere inadeguati, di avere fatto sbagli troppo grossi in passato, di essere soli ad affrontare la realtà..
– L’umile ascolto della Parola di Dio, l’adesione alla sua volontà, l’obbedienza della fede: ecco le condizioni per ricevere e rivivere la grazia del Natale. Il nostro modello è la Vergine Maria, nel cui grembo purissimo il Verbo di Dio si riveste di carne per virtù dello Spirito Santo. San Giuseppe resta per tutti modello di coraggio di affrontare una situazione ben al di sopra delle convenzioni umane.

Dal Vangelo di questa domenica (Mt 1,18-24).
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

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Il coraggio di essere padri.
L’incoraggiamento che l’Angelo rivolge a Giuseppe in sogno non è generico: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa».  Giuseppe sta attraversando una crisi angosciosa: innamorato di Maria, non capisce come sia possibile che lei sia incinta, ma esclude senza dubbio una sua colpa e pertanto decide di uscire di scena da una storia che gli sembra troppo grande per lui (questo significa giuridicamente “ripudiarla in segreto”: lo sposo si assume la responsabilità di abbandonare la sposa, al prezzo di scomparire).
Dio invece sorprende Giuseppe e lo invita a prendere con sé Maria e il Bambino. «Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù».
La spiegazione offerta dall’Angelo a Giuseppe è tutt’altro che chiarificatrice: richiede un anticipo di fiducia da parte sua, un affidamento nonostante molti punti rimangano oscuri.

  Non temere, sembra dirci a volte il Signore, anche se non capisci bene tutti i dettagli, io mi fido di te e ti affido queste persone, ti affido la situazione in cui ti trovi. Anche se non ti senti adeguato e non capisci, avrai un ruolo: darai tu il nome a mio Figlio. Sarai davvero suo padre.
  Siamo chiamati a smettere di pretendere di avere tutto sotto controllo e deciderci a lasciar fare a Dio.
Per dirla con le parole di Niccolò Fabi: «La salvezza non si controlla, vince chi molla». Ognuno di noi, come Giuseppe, è chiamato a diventare padre, cercando di fare il bene possibile qui e adesso.
  Siamo chiamati a fare del nostro meglio, senza la pretesa di risolvere tutti i problemi, senza la pretesa di sistemare il mondo.
Non siamo noi i salvatori, noi siamo solo chiamati a lasciar fare a Gesù: «Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

  Entriamo nella logica del Natale soprattutto attraverso i piccoli gesti quotidiani in cui si esprime la paternità (o maternità): cercare di ascoltare il coniuge con affetto, fare salti mortali per arrivare alla recita natalizia (tutte a metà pomeriggio, col traffico che c’è!), mantenere il buonumore nelle trafelate riunioni di lavoro prefestive e nelle concitate giornate di festa…
  Accogliere la realtà come compito, avendo il coraggio di diventare padri, come Giuseppe.
(fonte: L’Osservatore Romano, 7 dicembre 2019).

Quando Babbo Natale piange.  – Alcuni anni fa Eric Schmitt-Matzen, un babbo Natale di professione, fu chiamato ad esaudire l’ultimo desiderio di un bambino di 5 anni, malato terminale che voleva vedere Babbo Natale. Ed egli si presentò in ospedale vestito da Babbo Natale. Il bambino gli chiese dove sarebbe andato, visto che gli era stato detto che stava per morire. “In Paradiso. E quando vi arriverai devi dire di essere l’elfo numero uno di Babbo Natale, e ti faranno entrare subito». A questo punto il bambino lo abbracciò, morendo tra le sue braccia. «Ho pianto per tutto il tragitto di ritorno – concluse Babbo Natale – per tre giorni sono stato uno straccio, e per settimane non sono riuscito a pensare ad altro. Così ho capito quanto tutto ciò sia importante per i bambini».

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