Sanità nell’occhio del ciclone
Il padre: «Che venga accertata la verità»
L’altro ieri, nella tarda mattinata, si spegneva Giuseppe Francolino. A soli 26 anni il giovane cessava di vivere presso l’ospedale di Lamezia Terme dopo esser stato sottoposto, due gorni prima, ad un intervento chirurgico per peritonite. «Mio figlio non ha avuto un soccorso immediato, poi le cose si son complicate ed è morto»: con questo atto di accusa Domenico Francolino, padre di Giuseppe, dà inizio al suo sfogo. «Siamo andati all’ospedale di Vibo – racconta l’uomo – con una richiesta di ricovero per sospetta appendicite ed invece gli hanno dato un calmante. Il medico del pronto soccorso mi ha detto: “adesso che gli passa il dolore ve lo potete portare a casa”». Ma il dolore non è passato ed il giorno dopo il giovane è stato di nuovo accompagnato in ospedale. «Ci e’ stato detto che non avevano posti letto – prosegue il sig. Francolino – e che non ce n’erano neanche a Tropea e che dovevamo andare a Lamezia, ma loro non avevano la disponibilità di un’ambulanza». Quella di portare Giuseppe a Lamezia, quindi, è stata vista da Domenico come una scelta obbligata: «Lo abbiamo caricato in auto e l’abbiamo portato d’urgenza». Ma a Lamezia le cose non devono esser andate per il verso giusto per il povero Giuseppe. «Il primario che l’ha operato per peritonite – ha proseguito Francolino – ha detto di avere fatto tutto il possibile e che con le cure che ci sono oggi Giuseppe si sarebbe ripreso. Mi diceva anche che lo avrebbe dimesso, mentre il ragazzo peggiorava sempre di più». Due giorni dopo l’operazione, «dopo che gli è stata fatta una puntura di non so quale sostanza – spiega Francolino – si è bloccato completamente, quella puntura gli è stata fatale, mi ripeteva continuamente “papà non vedo più, sto male”, e i medici mi ripetevano di stare tranquillo perchè si sarebbe ripreso». Ora il genitore del giovane chiede che venga accertata la verità, perché non debba succedere più qualcosa di simile ad altri ragazzi come lui. Descrivendo l’operato dei sanitari conclude: «Si sono precipitati nell’ultima mezz’ora di vita di mio figlio, ma a cosa é servito? Dovevano farlo prima, adesso chiedo che venga accertata la verità: se c’e’ stato un ritardo che ne rispondano. A me mio figlio non lo restituirà nessuno, ma che almeno non commettano altri errori».