Fede e dintorni

George Floyd: 9 minuti che cambieranno la storia

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

George Floyd: 9 minuti che cambieranno la storia.

– Per circa 9 minuti George Floyd, un uomo robusto di colore, a terra, schiacciato da un ginocchio che gli premeva con violenza il collo, ha supplicato il suo carnefice.
Poi ha chiuso gli occhi e ha smesso di supplicare. La sua morte è stata dichiarata poco dopo.
– Tutto il mondo ha potuto vedere le terribili immagini e ascoltare la voce supplichevole del morente: un evento che ha scosso la comunità mondiale e ha messo in profondità il dito nella piaga del razzismo che ancora è presente nella vita di tutti i giorni negli USA e in tanti altri paesi del mondo.
– Le violenze dapprima pacifiche e poi montate in violenza ha fatto temere il peggio, un peggio che non vorremmo mai vedere. – Papa Francesco mercoledì 3 giugno così si è espresso: “Oggi mi unisco alla Chiesa di Saint Paul e Minneapolis, e di tutti gli Stati Uniti nel pregare per il riposo dell’anima di George Floyd e di tutti gli altri che hanno perso la vita a causa del peccato di razzismo. Preghiamo per il conforto delle famiglie e degli amici affranti, e preghiamo per la riconciliazione nazionale e la pace a cui aneliamo“.

Il razzismo è peccato. Preghiamo Dio di liberarcene.
♦ Il Cardinale redentorista Joseph W. Tobin e la comunità dell’arcidiocesi cattolica romana di Newark si uniscono alle diocesi cattoliche negli Stati Uniti e a tutte le persone di buona volontà nel condannare l’assurdo e brutale omicidio di George Floyd avvenuto a Minneapolis il 25 maggio. “Estendiamo il nostro profondo dolore alla sua famiglia e ai suoi amici , che affrontano il dolore che assorbe l’anima a causa della sua terribile morte.
♦ L’omicidio di George Floyd, che è soltanto l’ultimo esempio di una persona di colore che muore per mano di coloro che hanno giurato di proteggere la comunità, ha provocato rabbia giustificata e protesta pacifica in tutti gli Stati Uniti. La rabbia, così come lo sfruttamento vergognoso di questa tragedia, hanno generato violenza ingiustificabile nelle città di tutta la nazione.
La necessità di chiamare per nome il male del razzismo ci umilia, dal momento che già tanti eventi della nostra vita, per non parlare della storia della nostra nazione, ci hanno costretto a riconoscere vergognosamente il peccato nazionale che obbliga gli afroamericani a sopportare umiliazioni, indegnità e opportunità ineguale. La nostra tolleranza al razzismo e la sordità collettiva al grido di coloro che sono stati così gravemente offesi e la promozione consapevole e inconcepibile delle divisioni in questa nazione ha incoraggiato a propagare il diabolico male del razzismo.
Dobbiamo pregare e implorare da Dio di essere liberati: “L’oscurità non può scacciare l’oscurità; solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio; solo l’amore può farlo”.
Ci rivolgiamo alla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, e chiediamo la sua protezione e cura in questi tempi difficili. Questa giovane donna cantò di Uno la cui misericordia di generazione in generazione si estende verso coloro che lo temono … che ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore ….. ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. (Luca 1, 50-52).
Possa lei ispirarci con coraggio a fare il lavoro di giustizia ed eliminare, una volta per tutte, tutto l’odio, l’intolleranza e la violenza dai nostri cuori, dalle nostre case e dalle nostre comunità”.
(fonte: da Scala CSSRNews, 3 giugno 2020).

Un canto in memoria dell’afroamericano Floyd.
♦ Mi chiamo George e sono morto così
Sono confuso, ho paura, ho sbagliato.
Non dovevo usare quelle banconote false, ma ero disperato.
Sono seduto nella mia auto, so di essere nei guai. Li vedo dallo specchietto che si avvicinano.
Non mi muovo.

♦ In quattro mi tirano fuori con la forza, mi spingono contro un muro, finisco a terra.
Quando mi rialzo mi strattonano, mi dicono che devo seguirli nella loro macchina, oppongo resistenza, mi trascinano via, cado di nuovo.
Sono agitato, in tre mi sono addosso.
Uno di loro ha infilato il ginocchio tra la mia spalla e la testa. Mi schiaccia il collo, comincia a mancarmi l’aria.

♦ Poco a poco i miei polmoni iniziano a buttare fuori quel poco che ne è rimasta in circolo.
Ho paura, ma soprattutto ho fame di ossigeno e comincio a supplicare…
Fermati, fermati. Non ho fatto niente di serio…
Per favore, per favore, non riesco a respirare.
Per favore amico, per favore.
Non riesco a respirare.
Non ri- e- sco – a – re – spi – ra – re.

♦ Non ho più la forza di dir nulla…
Non riesco a muovermi.
Ho finito l’aria.
Ho finito…
Mi sento schiacciato,
mi fa male il collo,
mi fa male lo stomaco,
mi fa male il petto.
Tutto fa male.
Mi stanno uccidendo.

♦ Nell’ultimo anelito di vita mi sforzo, con ogni singola fibra, di ingoiare almeno un po’ d’aria.
Ma non ce la faccio.
La frequenza cardiaca e ormai fuori controllo, il cuore martella nelle orecchie. Il sangue è ormai saturo di anidride carbonica, le pupille sempre più piccole…

♦ È buio. Forse sono morto, forse no… Anzi no perché sento un liquido caldo che bagna i pantaloni e scende lungo le gambe. Il tentativo di far entrare quell’ultimo milligrammo d’ossigeno nei polmoni ha fatto scoppiare il mio cuore.
♦ Il mio cervello lentamente, troppo lentamente, inizia a spegnersi.
Nonostante ci abbia provato con tutte le mie forze a resistere si è spento tutto.
Sono morto.

George Floyd era un essere umano, un figlio, un fratello, un marito, un padre.
♦ George Floyd prima che una vittima di un abuso di potere, della violenza di un tutore della legge, era un essere umano, un figlio, un fratello, un marito, un padre.
♦ Che sia morto per asfissia o per gli effetti combinati dell’essere bloccato a terra dall’agente accusato del suo omicidio, delle sue patologie pregresse (coronaropatia e ipertensione) e di qualche potenziale sostanza intossicante nel suo corpo, il suo decesso è stato provocato da quell’azione.

♦ Per morire soffocato o riportare danni irreparabili, un adulto in buona salute impiega tra i 4 e i 6 minuti. George Floyd, un omone di quasi due metri, ha resistito 9 minuti:  540 secondi con un ginocchio che gli schiacciava il collo mentre disperato continuava a dire che non poteva respirare.

♦ E il suo aggressore non era un criminale comune. No. Era un poliziotto. O almeno questo diceva il suo distintivo.
Invece questo individuo, che già per 12 volte aveva commesso delle violazioni, persino un omicidio in servizio, ha assistito alla sua fine con le mani in tasca. Eppure quello che stava morendo sotto al suo sguardo non era uno sconosciuto ma una persona con cui, quando non indossava ancora la divisa, aveva anche lavorato.
♦ Un agente di polizia bianco che stava uccidendo un uomo nero sogghignando e guardando l’obiettivo di uno smartphone che immortalava per sempre quell’orrore.
(fonte: Avvenire.it 4 giugno 2020).

Per circa 9 minuti George Floyd, un uomo robusto di colore, a terra, schiacciato da un ginocchio che gli premeva con violenza il collo, ha supplicato il suo carnefice. Poi ha chiuso gli occhi e ha smesso di supplicare. La sua morte è stata dichiarata poco dopo. – Tutto il mondo ha potuto vedere le terribili immagini e ascoltare la voce supplichevole del morente: un evento che ha scosso la comunità mondiale e ha messo in profondità il dito nella piaga del razzismo che ancora è presente nella vita di tutti i giorni negli USA e in tanti altri paesi del mondo. – Tanto dovrà cambiare ancora!

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