Pasquale GalluppiDibattiti letterari in memoria del filosofo tropeano
L’eclettismo di Pasquale Galluppi
Sono passati 151 anni da quando, il 13 dicembre del 1846, cessava di vivere in Napoli, Pasquale Galluppi, filosofo tropeano.

di Francesco Messina

Il Galluppi è anzitutto, un pensatore eclettico, aggettivo, questo, che viene adoperato spesso quasi come un atto d’accusa. Per esempio, nei confronti di Cicerone: gli si contesta di essere stato soltanto il traduttore e il diffusore della filosofia scettica dei greci: Panezio e Posidonio. Ma Cicerone non solo scrisse (chiamiamoli così) "trattatelli", che sono assolutamente originali, come il De Amicitia, il De Senectute, il De Natura Deorum e così via, bensì, la sua originalità è maggiormente evidente nei saggi che costituiscono il compendio del suo pensiero e della sua attività di oratore: le Verrine, le Catilinarie e tutti gli altri.
Uno dei maggiori eclettici della nostra epoca, e forse di tutti i tempi, è certamente Jean Piaget: egli utilizza, nei suoi scritti, gli autori più svariati: Kant, Darwin, Hegel, Durkheim, Freud, Bovet, Lévi-Strauss, Lévi-Bruhl, ed inoltre il gestaltismo, il cognitivismo, il comportamentismo e così via; oltre agli autori antichi, come Platone e Aristotele. Eppure, strano a dirsi, l’accusa di eclettismo non viene mai formulata nei suoi confronti. Probabilmente è cambiato il modo di considerare il problema, distinguendo l’eclettismo vero e proprio dal qualunquismo, in base al presupposto - dovuto allo stesso Piaget - secondo cui "la filosofia è una presa di posizione ragionata sulla totalità del reale".
Dunque il nostro Galluppi non fu, filosoficamente parlando, un "qualunquista", ma un "eclettico". Egli si distinse maggiormente nel campo dell’epistemologia. Per esempio, nelle Lettere Filosofiche, contesta l’enunciato socratico "so di non sapere nulla", perché, egli dice che : "essere consci di non sapere nulla è già sapere qualcosa". Ma forse, l’anti-socratismo galluppiano è solo apparente. L’intento di Socrate era infatti di mettere in guardia contro l’arroganza e la (presunta) erudizione di molti sofisti che, ai suoi tempi, bighellonavano spacciandosi per filosofi. L’intendo del Galluppi è, al contrario di dimostrare che, se da un lato si deve essere umili riconoscendo i limiti del proprio sapere, dall’altro occorre ammettere anche le enormi possibilità che il sapere ci offre e ci riserva.
La riflessione epistemologica galluppiana raggiunge il suo culmine nella "Filosofia della matematica", un’opera edita dalla Mapograf di Vibo Valentia a cura di Giuseppe Lo Cane docente di filosofia nel liceo classico di Tropea. Questa pubblicazione rappresenta, verosimilmente, il "compendio" della visione "epistemica" della realtà del Galluppi, come scrive il professore Lo Cane nella nota introduttiva: "Il filosofo tropeano mantenne sempre desto il più vivo interesse per la filosofia della scienza e troverà modo di riversarlo insistentemente nelle sue opere, tutte le volte che l’analisi dei problemi gliene offrirà l’occasione".
E sono innumerevoli le "occasioni" di accostamento che Galluppi analizza nella sua ricerca intellettuale. Egli scrive: "Il cammino che deve percorrere lo spirito umano, per giungere al vero, è ben lungo e malagevole; non vi si giunge, il più delle volte, che passando per l’errore, e l’errore è uno dei mezzi analitici per lo scovrimento della verità". Pare di scorgere, in questo enunciato, perlomeno una anticipazione di quella che più tardi sarebbe stata la diade popperiana: verificabilità/falsificabilità, la cui paternità non spetterebbe dunque "in assoluto" a Karl Popper, ma avrebbe un antecedente, appunto nel celebre pensatore tropeano. Ma gli storici della filosofia, probabilmente distratti dal pregiudizio nei confronti dell’eclettismo, spesso sembrano non avvedersene. Perché eclettismo, in definitiva, significa sapersi confrontare col pensiero altrui, in particolare di coloro che ci hanno preceduti.

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