Uomini santi di Calabria
Una pagina bella e sintetica sul Servo di Dio
Nei giorni prossimi giorni 28 e 29 giugno Tropea celebrerà il suo affetto a don Francesco Mottola in occasione del 42° anniversario della sua morte: una solenne celebrazione presieduta dal vescovo della diocesi, Mons. Luigi Renzo, e l’atteso Oratorio Sacro “Francesco servo di Dio, l’aquila che raggiunse il sole” che verrà eseguito nella chiesa concattedrale della città.
Gli eventi possono essere seguiti attraverso interventi dedicati. Qui viene proposta la bella pagina di Mons. Luigi Renzo sul grande Calabrese scritta alcuni anni fa.
È stato celebrato a Tropea l’anno centenario della nascita di don Francesco Mottola, il sacerdote nato il 3 gennaio 1901 e di cui dal 1982 è iniziato il processo cognitivo per l’introduzione della causa di beatificazione.
La circostanza significativa ed esaltante è stata solennizzata con un Congresso sulla spiritualità e con una sacra concelebrazione nella Cattedrale di Tropea presieduta dal card. José Saraiva Martin, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Molto si è detto e scritto su don Mottola, come varie sono state le qualifiche a lui riconosciute: “l’uomo della contemplazione”, “il certosino della strada”, “il servo della carità”, “il testimone delle sofferenze di Cristo”, “un asceta trascinatore”, “un prete universale”, e via dicendo. Ma il nostro va ricordato anche e soprattutto per la sua “calabritudine”, cioè per il grande amore alla gente di Calabria, “sofferente e ingiustamente umiliata per secoli”. Nel fondare, per esempio, il Circolo di Cultura Calabrese nel 1924 volle che avesse lo scopo “di alimentare nei nostri giovani cuori di calabresi la carità del natio loco, di tenere sempre accesa la fiaccola della verità, di richiamare alla mente le antiche glorie e prepararci alle nuove…. Noi non indaghiamo il passato per piagnucolarci sopra, né per gonfiarci con inutili necrologie, a base di bolsa retorica. Non siamo gnomi, né pigmei raspatori di tombe mefitiche, in cerca di supposti tesori; ma siamo uomini nel senso più nobile della parola”.
Educato nel “Pio X” di Catanzaro ed ordinato sacerdote nel 1924 con slancio giovanile non si risparmiò nel suo ministero. Parroco a Parghelia nel 1924, insegnante di lettere e poi anche Rettore nel Seminario di Tropea (1929), trovò tempo e cuore per una molteplicità di interessi che lo portarono a fondare l’Istituto dei Sacerdoti Oblati (1930-35), la rivista “Parva Favilla” (1933), l’Istituto secolare femminile delle Oblate (1933), la Casa di Carità di Tropea (1936), cui seguirono a distanza di tempo nel 1968 quelle di Limbadi e Vibo Valentia.
Fiore all’occhiello e campo sperimentale dell’apostolato oblato fu, comunque, la “Casa di Carità” aperta a Tropea nel giugno 1936 in un tugurio con 3 vecchiette e 2 bambine. In essa vennero accolti di preferenza e per sua volontà i rifiuti dell’umanità che nessuno raccomanda, quelli con malattie ripugnanti alla natura umana, i bambini orfani e senza nessuno, i figli della strada, quelli che portano sul loro volto i tratti inconfondibili dell’umana sofferenza.
Un uomo di questa tempra, volitivo e testardo negli obiettivi da raggiungere, si pensa che mai possa crollare fisicamente di colpo. Ma i disegni della Provvidenza sulla sua vita sono altri. Nel 1942, infatti, inizia il suo Calvario: una paresi lo costrinse al silenzio per ben 27 anni fino alla morte intervenuta il 29 giugno 1969. Il silenzio della lingua non fu però il silenzio della vita e del cuore. Anzi proprio dalla malattia riscopre la sua vocazione di “predicatore senza parola”, componendo una “sinfonia del silenzio” quale itinerario ascetico di perfezione e di santità.
Il suo si trasforma in un viaggio dell’anima verso Dio che passa progressivamente e per gradi dal silenzio umano della bocca, del cuore e della mente, al silenzio cristiano dell’umiltà, della carità e dell’adorazione di Dio, al silenzio santo, infine, del dono totale di sé fino alla identificazione nel dolore di Cristo, nella sua contemplazione, nella compartecipazione al trionfo pieno.
Santo, mistico e poeta don Mottola trasmette la sua pedagogia in una infinità di articoli ed opuscoli, ma soprattutto nei suoi saggi Itinerarium mentis (1950), e Diario dello Spirito (1981, postumo). Oggi il suo pensiero ed il suo profilo spirituale vengono riproposti per ricuperare, oltre l’anno centenario, un modello di spiritualità calabrese fatta di silenzio contemplativo e di laboriosità solidale con i vicini e i lontani.
Un saggio dell’itinerario umano e spirituale di don Mottola è offerto nelle due monografie Il sole, l’aquila e l’allodola (1987) e Un prete universale (1997) curate da don Ignazio Schinella, Rettore del Seminario Teologico di Catanzaro.
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da Salvatore Brugnano
“In Calabria tra storia e costume”
Ferrari editore 2003, pp. 109-110