Tra fantasia e realtà, le emozioni di una escursione alle Eolie
Il sole dell'alba tra le isole Eolie
Una splendida avventura alla
scoperta di Lipari, Vulcano, Salina,
Stromboli, Panarea, Filicudi, Alicudi
di Pasquale Lorenzo
foto Salvatore Libertino
Il sole dell’alba illuminava
già di nuovo la giostra degli uomini.
Andrea, quel giorno, era tra i passeggeri che andavano a fare un giro alle
isole Eolie ed aspettava, sul ponte della nave, l’ora della partenza. Il
porticciolo turistico di Tropea aveva, ormai, preso il posto dei variopinti
stabilimenti balneari di legno, che per lunghi anni avevano caratterizzato la
vita estiva di una delle più belle cittadine del nostro sud.
Andrea, nonostante fosse nativo di Tropea, non
era mai stato alle isole Eolie, anche se quelle isole facevano parte dei suoi
paesaggi, Tropea e paesaggi che era stato costretto ad abbandonare, quando il
sud gli aveva mostrato i suoi lati crudeli.
Ma non era il tempo di ricordi o di rimpianti.
Andrea si era, ormai, stabilito a Pisa e, anche
se i rimpianti occupavano una parte del suo animo, sapeva bene avere il
sopravvento sul passato e restare con i piedi nel presente e la testa nel suo
futuro ed in quello del paese, per il quale combatteva ancora le sue battaglie.
I turisti, intanto,
arrivavano numerosi lungo il molo; si accalcavano davanti allo sportello
dell’agenzia che organizzava quei viaggi alle Eolie e poi, in fila, salivano a
bordo.
Quando tutti ebbero preso posto, si udì la voce della guida che salutava i
passeggeri ed annunciava la partenza.
E la nave, dopo aver fatto manovra d’uscita, cominciò a prendere il largo.
Tropea apparve in tutto il suo affascinante blocco di case, roccia e palazzi,
corallo rosato sulla rupe alta, scudo millenario che aveva fronteggiato i
pericoli del mare e resistito alla forza di potenti terremoti che, altrove,
avevano cambiato il volto alla regione.
La
guida raccontò che le fondamenta del primo grande palazzo di Tropea
erano state gettate nel secondo secolo dopo Cristo,
mentre la rupe era già stata abitata fin dalla preistoria. Intanto la
nave costeggiava verso sud, fino al promontorio
di Capo Vaticano e la guida indicava col proprio nome le piccole spiaggette: il
Cannone, la Rotonda, Marina dell’Isola, passo del Cavaliere, le pietre dei
Mulini, Riace, Formicoli e molte altre, tutte
di un bianco unico.
Poi la prua puntò verso il cielo che si fondeva col mare, all’orizzonte.
Durante il viaggio il mare mostrava la sua maestosità. "Antico, sono ubriacato
dalla voce che esce dalle tue verdi bocche..." e ripetendosi, tra i battiti del
cuore e gli impulsi dell’animo, i versi di Montale, dedicati al Mediterraneo,
Andrea si assopiva al profumo intenso degli elementi e delle profondità.
"Tu mi hai detto, primo, che il piccino fermento del mio cuore non era che un
momento del tuo: essere vasto e diverso, e insieme fisso...".
Il rumore delle onde contro la chiglia, nient’altro. Ad un tratto Andrea si
svegliò per un forte profumo di zolfo e credette di essere in un sogno: un’isola
avvolta da fumi gialli e circondata da acque
verde ramarro apparve all’orizzonte ormai nitido.
Ecco Vulcano! Annunciò la guida.
"Vulcano, che prende nome dal dio Vulcano, fabbro degli dei, che i Greci
credevano forgiasse su questa fucina le armi divine, è la più meridionale delle
isole, la più affascinante, per le sue attività vulcaniche : spettacolari
fumarole, solfatare, acque calde.
A Vulcano è possibile fare il bagno nella solfatara, bagno che fa bene per i
reumatismi e che cura le impurità della pelle".
Si sbarcò a Vulcano alle 10.30 e, dopo un benefico bagno di zolfo ed una doccia
calda, si salpò verso Lipari.
Man mano che si prendeva il largo e ci si allontanava da quel paesaggio
dantesco, la guida continuava a raccontare la storia di quell’isola e, poi,
passò a dare notizie su Lipari, che già si avvicinava.
"Lipari è la capitale dell’arcipelago e prende nome dal mitico re Liparo, antico
dominatore di queste isole.
L’isola di Lipari è stata abitata fin dall’età della pietra, per la presenza
abbondante dell’ossidiana, una pasta vitrea naturale, eruttata da una bocca
vulcanica, una volta attiva.
I popoli primitivi la usavano per ricavarne, abilmente scheggiata, punte
di frecce ed utensili. Il museo di Lipari, che espone un’infinità di reperti
preistorici, è ricco di utensili di ossidiana.
Quando
Andrea sbarcò con i passeggeri sull’isola di Lipari, ne rimase colpito per lo
stile delle case mediterranee, bianche,
che sapevano di Grecia; il museo fu
veramente sorprendente e,
il folklore dei vicoli e delle strade della
cittadina, lo toccarono.
Si salpò alle 15,30 e, dopo una breve sosta a Panarea, per visitarne i luoghi
più suggestivi, finalmente si riparti’ verso l’ultima tappa del viaggio : lo
Stromboli, l’isola per cui Andrea aveva deciso di fare l’escursione.
Fin da bambino, Andrea, aveva sempre guardato, curiosamente, quel vulcano che
mostrava , alla pendice, un pugno di case bianche. Aveva sempre avuto paura di
quella montagna alta, e la guardava con venerazione e timore.
Quel giorno, finalmente, poteva vederla da
vicino.
"Lo Stromboli, il gigante tra le isole, il gigante dall’occhio in fronte, che
scaglia sassi e macigni, che Ulisse, navigando per questi mari, chiamò "Polifemo".
E’ un gigante buono, che non dà segni di pericolo e che non ha mai fatto danni
ai 150 abitanti dell’isola, che vivono divisi in tre centri abitati: Ginostra,
San Vincenzo e San Bartolomeo...".
E, mentre la guida informava, quella montagna, alta più di novecento metri,
s’ingrandiva.
"Un vulcano dall’attività regolare, fumante da sempre : lo dimostrava la sua
fumata bianca e continua. Ma, lo Stromboli, oltre a fumare, erutta a ogni dieci
minuti circa, lanciando in aria lapilli e massi, che poi vanno a ricadere lungo
la colata, "la Sciara di fuoco".
Sarà poi vero ciò che la guida racconta? Si chiedeva Andrea. Non ebbe tempo di
finirsi la domanda, che un boato ed un tremore fecero sussultare tutti insieme i
quattrocento passeggeri. Un’impennata di fumo nerissimo si proiettò nel cielo e
subito dopo, lungo il pendio scuro ed arido, scie di polvere seguivano pietre e
macigni rotolanti. Le emozioni erano intense e continue: ogni angolo di quella
montagna, che la nave costeggiava lentamente, aveva un suo fascino particolare e
primordiale. Di fianco allo Stromboli, lo Strombolicchio, uno scoglio alto quasi
sessanta metri, con un faro in cima. Le onde lo aggredivano da sempre, e ne
aveva i segni. "Ed ora gentilissime signore e signori riprendiamo il largo per
il ritorno".
Il mare riapparve deserto, infinito, azzurro, profondo, ed il sole che aveva
smorzato le sue aguzze frecciate, rendeva quel viaggio più fresco e rilassante.
Solo mare e cielo, mare e cielo, come era stato per molti naviganti che vagarono
nell’ignoto.
Ad Andrea piaceva immaginare di essere nell’ignoto e si annullava. In quella
dimensione scomparvero le barriere del tempo e per strani, indefinibili meandri,
l’aria trasmise sensazioni già provate, già vissute da chi, primo, solcò su
legni antichi, quegli abissi alla ricerca del nostro pianeta.
Il volo dei gabbiani, le corse lunghe e veloci, a pelo d’acqua, dei pesci
rondine, i salti di un numeroso branco di delfini ed il dorso di due balenotteri
che affiorarono enormi per poi allontanarsi lentamente con i classici spruzzi,
furono scene che Andrea credeva ormai fossero scomparse e non avrebbe mai
creduto che esistessero ancora là, a due colpi
di remi da Tropea.
E Tropea, con la sua corona di colli alle spalle, rotondeggianti, sempre verdi,
addolciti dalle carezze di uno sguardo disinquinato da quel viaggio all’indietro
nella storia, riapparve sotto una luce diversa da quella dell’alba, riapparve
sotto una luce di una sera e di un sole che aveva spento la sua giostra
quotidiana.
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