Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Davanti alla morte.
– La nuova ondata del contagio Covid-19 ci sta facendo toccare con mano la nostra fragilità e l’elevato numero delle vittime mette a nudo la nostra paura di poterci trovare anche noi davanti alla morte senza neanche sapere come e quando.
– Forse ci accorgiamo di avere un cuore bisognoso di purificazione per trovare il coraggio di guardare Gesù che soffre e muore innocente e supplicarlo: “Gesù, ricordati di me!” – E Cristo porterà a compimento la sua missione nella nostra vita. Egli ci chiede solo di avere fede in Lui.
– Papa Francesco da giovane seminarista fu in pericolo di vita: si affidò al Signore e alle persone che lo hanno aiutato in quel difficile momento. Da allora fece il proposito di stare vicino ai malati con presenza affettuosa e di conforto vero, non fatto di parole di occasione: “Dopo quell’esperienza presi la decisione di parlare il meno possibile quando visito i malati… Mi limito a prendergli la mano…”. – Gesù ci fa vincere la paura della morte e ci rende capaci di stare accanto a chi soffre.
Papa Francesco da giovane fu per morire.
♦ Ormai di Papa Francesco si interessa la stampa di tutto il mondo. Diverse case editrici, oltre a seguire il suo magistero cercano di catturare ricordi ed esperienze della sua vita. In particolare il volumetto “La strada verso un futuro migliore”, commercializzato da Amazon presenta alcuni momenti della vita di Bergoglio: gioie e sofferenze, come ogni comune mortale. – Da questo volumetto è tratta la storia di oggi. ♦ La sorpresa di incontrare Papa Francesco come giovane seminarista in pericolo di vita; le persone che lo hanno aiutato a salvarsi e il suo proposito di stare vicino ai malati con presenza affettuosa e di conforto vero, non fatto di parole di occasione. – “Dopo quell’esperienza presi la decisione di parlare il meno possibile quando visito malati… Mi limito a prendergli la mano…”.
Il racconto di Papa Francesco.
♦ «Quando a ventun anni ho contratto una grave malattia, ho avuto la mia prima esperienza del limite, del dolore e della solitudine. Mi ha cambiato le coordinate.
Per mesi non ho saputo chi ero, se sarei morto o vissuto. Nemmeno i medici sapevano se ce l’avrei fatta.
Ricordo che un giorno chiesi a mia madre, abbracciandola, di dirmi se stavo per morire.
♦ Frequentavo il secondo anno del seminario diocesano a Buenos Aires. Ricordo la data: era il 13 agosto 1957. A portarmi in ospedale fu un prefetto, accortosi che non avevo il tipo di influenza che si cura con l’aspirina.
♦ Per prima cosa mi estrassero un litro e mezzo di acqua da un polmone, poi restai a lottare tra la vita e la morte. A novembre mi operarono per togliermi il lobo superiore destro del polmone…
♥ So per esperienza come si sentono i malati di coronavirus che combattono per respirare attaccati a un ventilatore.
♦ Di quei giorni ricordo in particolare due infermiere.
♥ Una era la caposala, una suora domenicana che prima di essere inviata a Buenos Aires era stata docente ad Atene.
Ho saputo in seguito come, dopo che il medico se ne andò una volta concluso il primo esame, sia stata lei a dire alle infermiere di raddoppiare la dose del trattamento che lui aveva prescritto – a base di penicillina e di streptomicina – perché la sua esperienza le diceva che stavo morendo.
Suor Cornelia Caraglio mi salvò la vita. Grazie al suo contatto abituale con i malati, conosceva meglio del medico ciò di cui avevano bisogno i pazienti, ed ebbe il coraggio di usare quell’esperienza.
♥ Un’altra infermiera, Micaela, fece la stessa cosa quando ero straziato dal dolore. Mi dava in segreto dosi extra di calmanti, fuori dell’orario previsto.
♦ Cornelia e Micaela ormai sono in cielo, ma io sarò sempre in debito con loro. Si sono battute per me fino alla fine, finché non mi sono ripreso. Mi hanno insegnato che cosa significa usare la scienza e sapere andare anche oltre, per rispondere alle necessità specifiche.
♥ Da quella esperienza ho imparato un’altra cosa: quanto sia importante evitare la consolazione a buon mercato. – Le persone mi venivano a trovare e mi dicevano che sarei stato bene, che non avrei mai più provato tutto quel dolore. Sciocchezze, parole vuote dette con buone intenzioni, ma che non mi sono mai arrivate al cuore.
♥ ♥ La persona che più mi ha toccato nell’intimo, con il suo silenzio, è stata una delle donne che mi hanno segnato la vita: suor María Dolores Tortolo, mia insegnante da piccolo, che mi aveva preparato per la Prima Comunione.
Venne a vedermi, mi prese per mano, mi diede un bacio e se ne stette zitta per un bel po’. Poi mi disse: «Stai imitando Gesù».
♥ Non c’era bisogno che aggiungesse altro. La sua presenza, il suo silenzio, mi donarono una profonda consolazione.
Dopo quell’esperienza presi la decisione di parlare il meno possibile quando visito malati. Mi limito a prendergli la mano…
(Estratto da “Ritorniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore”).
Una testimonianza di oggi – La preghiera della giovane Chiara.
♦ «La nonna morirà. Ormai l’ho capito. La nonna se ne andrà.
Ho bagnato con le lacrime il banco di questa cappella, guardando Gesù che muore sulla croce. Qui trovo l’unico conforto, qui trovo un po’ di pace.
♦ La giovane operatrice, Annarita, che lavora nel reparto di nonna, ha l’età mia, ha 26 anni. È molto gentile, mi informa per telefono delle condizioni, mi dice che nonna chiede di me.
Non posso pensare la mia vita senza di lei, la sua casa, la sua cucina, il suo abbraccio, i suoi regali. È presto per dirle “Addio”.
♥ Eppure dalla croce scorgo un senso di pace. Mia nonna ha tanta fede e il suo dolore era sapere che io mi ero un po’ staccata da Dio.
♥ Ora, nonna, sono qui, davanti a Lui. E vorrei esserci sempre. So che non posso pretendere miracoli, mi basta sapere che tu mi sarai accanto.
♥♥ So che il mio dolore non è nulla rispetto a quello conosciuto poco fa, sentendo una mamma gridare la perdita del figlio, morto per un incidente. Ascolto ancora nel cuore quel nome gridato: «Patrizio, Patrizio…!».
♥ Quando nonna verrà a mancare, ti chiedo, Signore, di metterla accanto a Patrizio, perché possa fare da nonna a questo ragazzo, partito per il Cielo troppo presto.
(da L’Osservatore Romano, 27 marzo 2021).