Il 27 febbraio 1933 un incendio distrusse il parlamento tedesco e subito si pensò al complotto comunista
Fu il gesto isolato di un rivoluzionario olandese, ma ancora oggi sono tanti i dubbi su chi sia stata la mente che ha ordito il rogo del Reichstag
L’incendio aveva distrutto il Reichstag, ma la sua cupola aveva resistito alle fiamme e non era crollata. A quanto sappiamo, era stato questo il solo rammarico del 24enne comunista olandese Marinus van der Lubbe, che a meno di un mese esatto dal giuramento come cancelliere del Reich di Hitler aveva colpito con l’aiuto di altri attivisti comunisti il simbolo dell’allora ancora stato democratico della Germania e procurato non poche preoccupazioni al partito nazista. Giorni prima, servendosi di sostanza infiammabile, Rinus aveva innescato roghi in altri edifici della capitale tedesca, e la sera del 27 febbraio del 1933, dopo aver compiuto il suo ultimo clamoroso gesto, fu arrestato dai gendarmi all’interno del parlamento in fiamme. Ma il suo fu un gesto isolato oppure fu un complotto ordito dai comunisti o ancor peggio dallo stesso Führer? Marinus era un ragazzo “sbandato” con problemi agli occhi per via di un infortunio sul lavoro, proveniva da una famiglia povera e aveva fatto tanti mestieri. In quegli anni aveva intrapreso un lungo viaggio in Europa, ed era stato in Russia prima di raggiungere la Germania. Dopo il rogo, il presidente del Reich von Hindenburg non ci pensò due volte a firmare il decreto che aboliva i diritti civili. I comunisti, indicati come autori dell’attentato, furono dichiarati fuorilegge. Naturalmente Hitler sfruttò al meglio la situazione e alle elezioni del 5 marzo -pochi giorni dopo, un caso?- ebbe per la prima volta la maggioranza assoluta. Gli storici sono concordi nel ritenere che l’incendio del Reichstag fu un fatto che giocò a favore del neo cancelliere solo perché fu assistito dalla fortuna e riuscì così a trasformare prima del tempo la democrazia tedesca in dittatura. Quindi la tesi di un van der Lubbe al soldo di Hitler sarebbe da scartare, come pure quella che lo vede membro di un gruppo facente capo al partito comunista tedesco. Chi ha studiato le carte del processo conferma che van der Lubbe fu il solo ad essere implicato nella vicenda. C’è da aggiungere -per completezza di informazione- che Marinus confessò sotto tortura, e la successiva condanna a morte è da considerarsi un monstrum giuridico perché la pena capitale fu reintrodotta dopo l’arresto del presunto autore dell’incendio. La ghigliottina spezzò la sua vita a 25 anni, il 10 gennaio del 1934, e quella condanna fu dichiarata illegale solo nel 2008. Troppo tardi.