Il papa indisse la prima crociata comunicando ai fedeli la notizia falsa dei massacri sui cristiani
I crociati conquisteranno Gerusalemme nel 1099, ma nel 1187 cadrà nelle mani del sultano Saladino e le successive sette crociate saranno un fallimento
Il 27 novembre 1095 il 159° papa della chiesa cattolica, il francese Ottone (o Oddone) de Châtillon, salito al soglio pontificio con il nome di Urbano II, durante il concilio di Clermont-Ferrand non avrebbe potuto prevedere l’entusiasmo con cui fu accolto l’invitò fatto a tutti i fedeli, e cioè quello di organizzare una spedizione militare in nome della cristianità per conquistare la Terra Santa contro gli infedeli turchi Selgiuchidi. In fondo le sue parole dovevano accendere gli animi, ma le conseguenze andarono oltre le più rosee previsioni. «Dio lo vuole» fu il suo motto; e all’appello del papa risponderanno tante persone, che daranno vita ad un pellegrinaggio armato: la crociata. I turchi Selgiuchidi avevano sconfitto i bizantini nel 1071 a Manzikert, e nel 1076 avevano conquistato la Palestina e la città di Gerusalemme, sede del Santo Sepolcro. L’imperatore bizantino Alessio I aveva paura dell’avanzata dei turchi Selgiuchidi in Anatolia, e così rivolse un appello al papa affinché lo aiutasse a respingerli. Fu allora che Urbano II convocò il famoso concilio per chiamare alle armi l’intera Europa contro gli infedeli. Il discorso che fece colpì i presenti e il suo invito si diffuse a macchia d’olio, in primis perché si soffermò più volte a sottolineare le crudeltà perpetrate sui cristiani dagli infedeli in Terra Santa; secondariamente, ma non in ordine di importanza, in dono per questo lungo “pellegrinaggio” il pontefice offriva una contropartita che a quel tempo era sicuramente uno dei regali più belli che un cristiano potesse ricevere. «Lo dico ai presenti e lo comando agli assenti, ma è Dio che lo vuole» disse il papa. «Per tutti quelli che partiranno, se incontreranno la morte in viaggio o durante la traversata o in battaglia contro gli infedeli, vi sarà l’immediata remissione dei peccati: ciò io accordo ai partenti per l’autorità che Dio mi concede». Ma il discorso del pontefice celava una falsa notizia, una fake news come si direbbe oggi, perché i turchi Selgiuchidi non erano affatto più cattivi di quanto non lo fossero stati tempo prima. I luoghi sacri erano sempre protetti, anche dagli stessi musulmani, ed era consentito il pellegrinaggio. Quindi c’era sempre il pericolo, certo, ma il pontefice mise in piedi una sceneggiatura horror per descrivere i “comportamenti” del nemico e persuadere già l’avido pubblico di cavalieri, che non vedeva l’ora di mettersi in cammino e uccidere un bel po’ di Selgiuchidi, ad accettare la sfida. Queste le sue parole riportate da Roberto il Monaco: «[…](I turchi) Si compiacciono di uccidere il prossimo squarciandogli il ventre, estraendone gli intestini, che legano a un palo. Poi, frustandole, fanno ruotare le vittime attorno al palo finché, fuoriuscendo tutte le viscere, non cadono morte a terra. Altre le legano al palo e le colpiscono scoccando frecce; ad altri ancora gli tirano il collo per vedere se riescono a decapitarli con un solo colpo di spada». Sulla questione della remissioni dei peccati, naturalmente non abbiamo alcun elemento che ci permetta di poter commentare. L’appello di accorrere in aiuto dell’imperatore bizantino era quindi la sola ragione di quelle parole, oppure papa Urbano II aveva pensato bene ad un suo tornaconto personale? Alcuni storici pensano che il vicario di Cristo avrebbe ottenuto dalla crociata vantaggi politici e socio-economici. Quindi, più che la solidarietà ad Alessio I, il pontefice guardava in casa propria. La chiesa romana cattolica e la chiesa ortodossa orientale si erano scisse solo nel 1054, correre in soccorso dell’imperatore e riportare un certo ordine in quei territori significava mostrare i muscoli, allungare le mani e imporre la propria influenza anche in oriente. In Europa, a quel tempo, non era stata messa la parola fine alla “lotta per le investiture” tra papa e imperatore, e la nobiltà era ancora divisa e non sempre approvava le riforme della chiesa. Intanto in Spagna si stava attuando la “Reconquista” ai danni dei musulmani, e la presenza degli “infedeli” nel mar Mediterraneo poteva essere un pericolo per le città che stavano diventando potenze commerciali. Insomma, meglio difendere i propri confini attaccando gli infedeli in oriente che fare la guerra più in là e sotto casa. Il mondo era cambiato dai tempi della Poitiers di Carlo Martello, ma i problemi erano press’a poco quelli; anzi, l’impero carolingio non c’era più e gli ambienti che contavano si facevano la guerra tra loro. Bene fece Urbano II ad unire in un obiettivo comune i fedeli che, partecipando alla prima crociata, avrebbero guadagnato il tanto agognato premio della remissione dei peccati. L’appello del papa suscitò anche l’entusiasmo di predicatori come Pietro l’Eremita, che raccolse intorno a sé un nutrito gruppo di persone povere, mendicanti e contadini, e con loro partì alla volta di Gerusalemme. La sua fu chiamata la “crociata dei pezzenti” ed ebbe vita breve, perché furono sterminati dai turchi in Asia Minore. La prima vera spedizione militare è datata 1096 e fu guidata da Goffredo di Buglione. I cristiani conquistarono la Terra Santa nel 1099 macchiandosi di atroci crimini e creando dei piccoli regni. Nel 1187 Gerusalemme cadde nuovamente nelle mani del sultano Saladino e le successive sette crociate per riconquistare la Terra Santa furono un fallimento. Gerusalemme non tornò alla cristianità e si perderà completamente l’unità tra la chiesa ortodossa e quella cattolica. Grazie alla retorica e a una buona dose di notizie provenienti dall’Oriente, artefatte da Urbano II, si indisse la prima crociata. Le guerre non cessarono e il potere degli imperatori e dei papi continuò a vacillare. Fatto sta che le crociate convenivano a tutti, perché davano possibilità di arricchimento, opportunità di prestigio e consentivano a imperatori e papi di affermarsi.