Amante e poi terzo marito di Mary Stuart, fu complice nel delitto del suo secondo marito, Lord Darnley
Inviso a corte, sposò la regina di Scozia con rito protestante. Dopo la sua fuga i lord scozzesi trovarono lettere e componimenti poetici compromettenti attribuiti a Mary Stuart custoditi in uno scrigno d’argento sigillato, regalato alla regina da Francesco II di Francia, suo primo marito
Annus horribilis
Il 1567 fu un Annus Horribilis per Mary Stuart: perse il trono perché costretta ad abdicare in favore dell’unico figlio Giacomo, salutò per sempre Bothwell e, durante la prigionia nel castello di Lochleven, – così avevano deciso i lord, timorosi di reinsediare sul trono Mary dopo quello che era successo – abortì spontaneamente i due gemelli che, si disse, erano stati il “frutto” di una violenza del marito. Il castello sorgeva in mezzo ad un lago e non aveva collegamenti con la terraferma. Padrona di casa era Margaret Douglas, la madre del conte di Moray, fratellastro di Mary Stuart. Margaret si era vista portare via il suo amante, Giacomo V di Scozia, da Maria di Guisa, la madre di Mary. Insomma, va bene la prigionia, ma la regina era finita in un posto che definire l’inferno era un eufemismo. Di fatto era prigioniera, sulla carta i lord si erano preoccupati di stilare un documento sul quale c’era scritto che Mary non doveva vedere Bothwell e i suoi uomini. Non avrebbero potuto dichiarare ufficialmente che la regina di Scozia era prigioniera dei suoi sudditi! La donna era sorvegliata; i lord scozzesi sapevano che la regina era implicata nel delitto ed erano pronti a mettere sul trono il figlio, Giacomo VI, che per la giovane età sarebbe stato “aiutato”, di fatto, dal reggente conte di Moray. Dopo l’assassinio di Lord Darnley, l’ obiettivo della regina di Scozia era stato quello di sposare l’amato Bothwell. Ma la fretta, si sa, è cattiva consigliera, lo fu anche per Mary, che stava vivendo un’altra gravidanza, ma il figlio che portava in grembo (i gemelli) non era di Lord Darnley, bensì di Bothwell: quindi era un figlio illegittimo. Per difendere i diritti del bambino bisognava fingere che fosse stato concepito con il defunto marito, convolando in tutta fretta a nozze con l’amante. Se fosse passato troppo tempo sarebbe stato naturale credere che il figlio era di Bothwell. La regina vedova di Scozia, come abbiamo già detto, sposò il sospettato numero uno dell’omicidio del marito, e per giustificare il “frettoloso” matrimonio con un uomo di rango inferiore, venne in suo soccorso il codice d’onore del tempo:“Se una donna viene privata con la violenza dell’onore, il colpevole ha il dovere di riparare all’accaduto con il matrimonio. Solo se in precedenza violentata Maria Stuarda avrebbe un barlume di giustificazione delle nozze con Bothwell. Solo così si potrebbe dare al popolo l’illusione che essa non abbia agito per libera scelta, ma costretta dall’inevitabile.” (Zweig, Maria Stuarda, p. 224)
Le lettere dello scrigno
Dopo la fuga di Bothwell i lord scozzesi trovarono lettere e componimenti vari attribuiti a Mary Stuart in uno scrigno d’argento sigillato regalato alla regina di Scozia da Francesco II di Francia. Lo scrigno, che Mary aveva donato a Bothwell, oltre a conservare documenti privati dell’uomo conteneva quindi, in alcune lettere e poesie, elementi incriminanti e/o umilianti per Mary. Queste lettere e sonetti (componimenti poetici) ci sono giunti solo in testi tradotti, gli originali sono stati distrutti dal figlio Giacomo appena salito al trono. C’è chi ha ipotizzato siano un falso, dato che i lord avevano tutto l’interesse di contraffare quei documenti. Ma, come scrive Stefan Zweig nella sua biografia Maria Stuarda (p. 169) “Se una presunta «accolta di delinquenti» avesse voluto per odio falsificare delle lettere che risultassero incriminanti per Maria Stuarda, sarebbe stato ovvio fabbricare confessioni tali da fare di Maria Stuarda una persona spregevole, raffigurandola come donna viziosa, ipocrita e malvagia. Sarebbe stato invece del tutto assurdo, per fare del male a Maria Stuarda, inventare lettere e poesie, come quelle che ci sono state tramandate, che più che accusarla la scusano, in quanto esprimono in tono umanamente commovente soprattutto l’orrore di Maria Stuarda per la complicità e la connivenza nel delitto. […] Solo un geniale conoscitore di anime avrebbe saputo inserire i fatti esteriori in un quadro psicologico tanto perfetto. Moray, Maitland, e Buchanan (rispettivamente fratellastro di Mary, suo cancelliere e scrittore e precettore del figlio Giacomo VI) accusati a turno della falsificazione dai difensori d’ufficio di Maria Stuarda, non erano però dei Shakespeare, dei Balzac, dei Dostoevskji; erano solo anime meschine, capaci di piccole meschine truffe, non certo in grado di creare a tavolino un quadro di sconvolgente verità psicologica come sono appunto, e lo saranno per sempre, queste lettere di Maria Stuarda. Dovrebbe prima essere scovato il genio a cui poter attribuire queste lettere.”
Prove schiaccianti
Gli scritti di Mary Stuart, che riportiamo di seguito (abbiamo scelto solo alcune e significative tra poesie e lettere e non possiamo mettere la mano sul fuoco sulla loro autenticità), sono la prova incontrovertibile che Bothwell, prima di diventare suo marito, fu il suo amante, e lei fu sua complice nel delitto del marito, Lord Darnley. Come può Mary avere avuto un amante, quando lei stessa aveva firmato un editto che puniva con la morte l’adulterio ed ogni altra forma di piacere illecito? Era inoltre a conoscenza del piano messo in atto da Bothwell di uccidere suo marito? Le lettere ci dicono che sapeva, che era confusa, tesa, ansiosa, sofferente, preoccupata; perché amava Bothwell al punto che la passione andava ben oltre il giudizio.
“Nelle sue mani, in suo pieno potere, io metto mio figlio, il mio onore e la mia vita; il mio paese, i miei sudditi, la mia anima, tutto è assoggettato a lui, e l’unica cosa che io voglio è di seguirlo senza deluderlo, qualunque cosa accada” (Zweig, Maria Stuarda, p. 176).
“Sono stanca e assonnata e tuttavia non posso trattenermi finché basta la carta… scusa se scrivo così male, metà delle cose dovrai indovinarle… Ma sono lo stesso contenta di poterti scrivere mentre gli altri dormono, perché sento che non potrei dormire a causa del mio desiderio di essere tra le tue braccia, mio bene prezioso“(Zweig, Maria Stuarda, p. 191).
“Per lui voglio cercare la grandezza, e tanto farò finché riconoscerà veramente che l’unico mio bene, l’unica mia soddisfazione è di ubbidirlo e servirlo lealmente. Per lui mi attendo ogni buona sorte, per lui voglio mantenermi sana e viva, per lui voglio seguire ogni virtù, e sempre così, immutata, mi troverà”(Zweig, Maria Stuarda, p. 173).
“Per un mio desiderio di vendetta non lo farei. Tu mi costringi ad una tale finzione che sono piena di orrore e di raccapriccio, e mi fai fare la parte del traditore. Ma ricordati che, se non fosse per obbedire a te, io preferirei esser morta. Il mio cuore sanguina. Ahimè! Non ho mai ingannato nessuno, ma faccio tutto per volontà tua. Dimmi in una parola sola che cosa devo fare e qualunque cosa mi succeda voglio obbedire a te. Pensa anche se non è possibile ricorrere ad un metodo più segreto, con delle medicine, perché a Craigmillar dovrà prendere medicine e fare bagni” (Zweig, Maria Stuarda, pp. 193/194).
Prigioniera dei sudditi
Una domanda: i sudditi possono criticare l’operato di un sovrano? Risposta: il sovrano ha sempre ragione, soprattutto di fronte ai propri sudditi. Meglio farlo fuori che criticarlo o cercare di sostituirlo. E poi, chi si prende la responsabilità di un simile atto rivoluzionario? Come abbiamo detto, i lord ribelli non avrebbero potuto dire che la regina di Scozia era stata fatta prigioniera dai suoi stessi sudditi, perché andava a farsi benedire il normale ordine gerarchico del mondo. I lord scozzesi, che sapevano come andavano certe cose, non avrebbero mai e poi mai dichiarato la regina “prigioniera”: ufficialmente infatti dichiararono che l’intento era quello di tenerla lontana dall’assassino Bothwell e dai loschi individui che lo frequentavano. Però un conflitto così duro tra la regina di Scozia e il suo popolo non poteva passare sotto traccia e non giungere nelle corti d’Europa. Il problema a questo punto si spostava da un ordine individuale (la regina di Scozia) a un principio di ordine sia ideologico che spirituale (i regnanti) e dunque superiore e della massima importanza. Elizabeth intervenne negli “affari” scozzesi bacchettando la cugina per aver assunto un comportamento poco regale, dato che aveva sposato in «fretta» Bothwell, che era stato accusato dell’omicidio del defunto marito, «il che fa ricadere anche su di voi il sospetto di complicità, sebbene speriamo fermamente che non sia vero». (Zweig, Maria Stuarda, pp. 243-244).Tuttavia scrive alla regina che quello che sta accadendo in Scozia è intollerabile e che si schiera apertamente dalla sua parte. In sintesi: hai sbagliato, sei da biasimare per la tua condotta ma è inammissibile che in Scozia i sudditi abbiano limitato la tua libertà. Naturalmente la regina d’Inghilterra agisce in modo tempestivo, perché anche lei si sente coinvolta e deve comunque difendere la propria posizione. Il pensiero di una rivolta dei sudditi inglesi ritorna prepotente: se è accaduto una volta può accadere ancora…e perché no, anche in Inghilterra. Un monarca “incoronato” da Dio può essere detronizzato dal popolo? Elizabeth invia una lettera ai lord ribelli, facendo sapere che se torcono un capello a Mary Stuart è pronta a fare della Scozia il teatro di una nuova e sanguinosa guerra. E poi, non c’è scritto da nessuna parte che i sudditi possono deporre i sovrani. Loro sono sudditi e avrebbero dovuto comportarsi da sudditi; chi ha dato loro il diritto di puntare il dito contro la sovrana e imprigionarla? Insomma, il comportamento di Elizabeth era logico, anche se era stata lei, a quanto si disse, a finanziare i rivoltosi. Fu proprio lei, Elisabetta I d’Inghilterra, poco dopo quegli eventi, ad imprigionare per 20 lunghi anni la povera cugina Mary, processarla e infine farla giustiziare (decapitazione) l’8 febbraio del 1587. Ma questa è un’altra storia.