Il Sinodo del cadavere, noto anche come Concilio cadaverico, su decisione del successore Stefano VI
Nove mesi dopo essere stato sepolto venne riesumato, vestito con i paramenti sacri e posto in trono nella Basilica Lateranense a Roma. Il verdetto stabilì che era stato indegno del pontificato e tutti i suoi atti furono annullati
La dissoluzione dell’impero carolingio
Con la morte di Carlo Magno iniziò la crisi dell’impero da lui creato. I 3 fratelli, nipoti dell’imperatore, nell’ 843 stipularono il trattato di Verdun, che divise l’impero in tre parti: la Lotaringia, l’Italia e il titolo imperiale furono assegnati a Lotario, la Francia a Carlo il Calvo (figlio di seconde nozze di Ludovico il Pio) e la Germania a Lodovico (che prese il nome di Germanico). Da Verdun fino all’888 i vari regni franchi furono in costante attrito tra loro e si assistette ad un continuo tentativo da parte dei sovrani francesi e tedeschi di ottenere la supremazia sul territorio che stava al centro, cioè l’Italia. In un primo periodo Carlo il Calvo ebbe la meglio, ma dopo la morte di Lodovico il Germanico iniziò a prevalere la parte tedesca con Carlomanno (figlio di Ludovico). Alla fine, morti sia Carlo il Calvo che Carlomanno le due parti furono riunite sotto il dominio di Carlo il Grosso, fratello di Carlomanno. Tuttavia si trattava di un’unificazione assai debole. Carlo il Calvo non era riuscito infatti a instaurare una forte autorità nella parte francese e quindi i feudatari avevano assunto una capacità di ribellione decisamente alta. A questo si aggiunga che avevano fatto una prima apparizione in territorio francese i Normanni, popolo proveniente dalla Scandinavia che si erano insediati nel Nord-Ovest della Francia. L’atteggiamento del sovrano causò una rivolta generalizzata dei feudatari tanto in Francia quanto in Germania. Le rivolte furono guidate inizialmente da Arnolfo (figlio illegittimo di Carlomanno); la guida venne poi presa da Oddone. Carlo il Grosso fu costretto a convocare una dieta dell’impero a Treviri, a rinunciare al titolo imperiale (nell’887) e a riconoscere come regni distinti il regno di Francia (la cui corona passò ad Oddone), il regno di Germania (la cui corona fu presa da Arnolfo di Carinzia) e il regno d’Italia affidato al marchese Berengario del Friuli.
La Corona imperiale: Guido e Arnolfo
Nell’888 Berengario riuscì a convincere un’apposita dieta di Conti e Vescovi riunitasi a Pavia, capitale del Regno, e si fece eleggere successore di Carlo il Grosso sul trono italiano. Suo primo avversario fu il duca di Spoleto, Guido, che aveva saputo mantenere la propria indipendenza dal papa Stefano V e da Carlo il Grosso. Alla morte di quest’ultimo (888), Guido si era recato in Francia per ottenere la Corona francese, che spettò invece ad Oddone, conte di Parigi. Tornato in Italia Guido violò i precedenti accordi, sconfisse Berengario a Piacenza nell’889 e si fece incoronare a Roma imperatore dopo aver ottenuto anche la Corona d’Italia. Guido e poi il figlio Lamberto tennero il regno assieme al titolo imperiale fino all’898. Nell’888 Arnolfo di Carinzia, figlio illegittimo di Carlomanno, (nell’887 successe a Carlo il Grosso, divenendo re dei Franchi Orientali) era sceso in Italia per assumere la Corona che era andata a Berengario del Friuli. Berengario gli aveva giurato fedeltà, ma l’anno successivo, purtroppo per Arnolfo e Berengario, come abbiamo visto, il trono era passato al duca Guido di Spoleto. Nell’894, chiamato da Berengario e dal Papa Formoso per spodestare Guido, Arnolfo era ritornato in Italia, aveva conquistato Bergamo, Milano e Pavia, dove si era fatto riconoscere re d’Italia in contrapposizione al re d’Italia e Imperatore Guido di Spoleto. Si dice che Arnolfo soffrisse di reumatismi e non andò nemmeno a Roma a far visita al papa: dopo poche settimane fece ritorno in Germania. Alla morte di Guido di Spoleto nell’894 fu la volta del figlio Lamberto (soprannominato con derisione dai nemici imperatore di Spoleto) che era stato associato al trono, successe al padre perché anch’egli incoronato imperatore da papa Formoso nell’892. Il governo fu in prevalenza tenuto da Ageltrude, sua madre. Il papa, preoccupato dall’invadenza e dalle pretese della nobildonna, si rivolse per l’aiuto al re di Germania Arnolfo. Come abbiamo visto sopra, Arnolfo intervenne e approfittò dell’occasione per rivendicare la Corona imperiale. Ci furono di nuovo grandi tumulti nel regno con tradimenti e passaggi dall’uno all’altro fronte. Arnolfo occupò ancora una volta l’Italia settentrionale, ma venne sconfitto nell’895 da Berengario e da Lamberto di Spoleto. Solo nell’896, dopo che Lamberto fu spodestato, Arnolfo venne eletto imperatore e incoronato da papa Formoso.
Il 111° papa della Chiesa cattolica
Papa Formoso nacque a Roma nell’816. Nell’864 fu consacrato vescovo della diocesi di Porto Santa –Rufina e nominato cardinale da papa Niccolò Magno. Nell’anno 872 era già stato candidato a diventare il vescovo di Roma, ma al soglio pontificio salì Giovanni VIII, gradito a Carlo il Calvo prima e poi a Carlo il Grosso, espressione della fazione filo-francese. A Roma c’era da tempo una lotta interna tra i due opposti partiti, quello filo-francese e l’altro filo-germanico. L’allora cardinale Formoso, della fazione filo – germanica, dovette lasciare la Città Eterna di fronte al precipitare degli eventi che videro scontri tra le due opposti partiti per la successione al trono imperiale. Papa Giovanni aveva accusato gli avversari del partito filo-germanico di congiura contro lo Stato, e li aveva invitati a rientrare a Roma pena la scomunica. Naturalmente Formoso rimase dov’era, sperando in tempi migliori, e quando fu eletto papa Marino I, successore di Giovanni, che apparteneva al partito filo–germanico, fu sciolta la scomunica e gli fu confermata la carica di vescovo di Porto. I successori di Marino furono sempre due papi espressione del partito filo-germanico, Adriano III e Stefano V. Alla morte di Stefano V al soglio pontificio fu eletto Formoso, precisamente il 6 ottobre 891, sempre grazie al partito filo-germanico romano, ad Arnolfo di Carinzia, re dei Franchi orientali e al fedele Berengario, uomo di fiducia di Arnolfo in Italia. Nell’892 Formoso si trovò a dover affrontare una delicata situazione politica. Abbiamo già detto sopra di Guido II, il duca di Spoleto, che si era fatto incoronare imperatore da papa Formoso. A Guido, in assenza di Arnolfo e Berengario, Formoso non poteva mettere i bastoni tra le ruote. Il papa dovette cedere, anche se Guido, questo lo sapevano tutti, non era né espressione del partito filo-francese né del partito filo-germanico. Dopo aver incoronato Guido II imperatore e il figlio Lamberto suo successore, Formoso era preoccupato dello strapotere di Guido II, al punto che invitò Arnolfo ad intervenire in Italia. Nell’896 il papa incoronò imperatore Arnolfo a Roma ma l’esercito germanico non continuò la campagna militare contro i duchi di Spoleto. In questo periodo di grande disordine politico, abbandonato da tutti, papa Formoso perse la vita, probabilmente fu avvelenato da esponenti del partito filo – francese o da quello “italiano” guidato dai duchi di Spoleto.
Il Sinodo del Cadavere
Papa Formoso fu sepolto in Vaticano dove riposò in pace solo per nove mesi. Infatti trascorso questo periodo il suo cadavere fu al centro di una macabra messinscena che secondo alcuni studiosi vide in Lamberto, il figlio di Guido di Spoleto, e sua madre Ageltrude, i promotori dell’orripilante evento in quanto imposero al nuovo pontefice, Stefano VI, eletto grazie a loro che erano alla guida del partito italiano, di istituire un processo post-mortem a carico del defunto pontefice. Il cadavere di papa Formoso venne dunque riesumato, vestito dei paramenti pontifici e collocato in un trono nella Basilica Lateranense. Qui si tenne il macabro processo, il “Sinodo del Cadavere”, dove lo stesso Stefano VI fungeva da accusatore e un diacono era chiamato a rispondere in vece di papa Formoso. Naturalmente il verdetto era già scritto e fu stabilito che papa Formoso era stato indegno del pontificato e tutti i suoi atti vennero annullati. Subito dopo il processo gli furono strappati i paramenti sacri, gli recisero le tre dita della mano destra (usate per la benedizione) e il cadavere fu gettato nel Tevere. I suoi resti furono poi ritrovati e nascosti finché fu vivo Stefano VI. E, successivamente furono inumati nella Basilica di San Pietro da papa Teodoro II.
Le motivazioni politiche del processo e la riabilitazione
I canoni ecclesiastici dell’epoca vietavano la traslazione di un vescovo da una sede ad un’altra, e dunque Formoso non avrebbe potuto essere eletto vescovo di Roma proprio perché presule di Porto Santa – Rufina. Ma a ciò aveva pensato papa Marino con una deroga alla norma. Questa “irregolarità” sarà però uno dei capi di accusa nel corso del “Sinodo del Cadavere”. Poteva bastare per esumare il cadavere di papa Formoso? Assolutamente no. Perché dunque questo processo che sembra tratto da un film dell’orrore? Era proprio necessario esumare il cadavere del pontefice Formoso? Cui prodest? Chi poteva beneficiare di una tale messinscena dopo che il povero Formoso era da tempo morto e sepolto? Com’era possibile questa decadenza dei costumi da parte delle più alte cariche ecclesiastiche? Andiamo con ordine e analizziamo i fatti. I protagonisti della vicenda, come già detto sopra, sono papa Stefano VI, Lamberto di Spoleto e sua madre Ageltrude: tutt’e tre odiavano Formoso e lo consideravano un traditore perché aveva chiamato in Italia un esercito straniero e incoronato un imperatore del partito filo-germanico, pugnalando alle spalle il “partito italiano” guidato dai duchi di Spoleto. Il macabro processo contro Formoso fu presieduto dallo stesso Stefano VI, che aveva tutto l’interesse ad invalidare gli atti del predecessore proprio perché in precedenza era stato nominato proprio da Formoso vescovo di Anagni e quindi non avrebbe potuto essere eletto vescovo di Roma. In sintesi, con la condanna di Formoso e l’annullamento dei suoi atti l’elezione al soglio pontificio di Stefano VI era da ritenersi regolare. E Lamberto e Ageltrude? Bè, se per il papa il “Sinodo del Cadavere” era, si fa per dire, “conveniente” per Lamberto non si può dire la stessa cosa. Infatti, il figlio di Guido II di Spoleto era stato eletto imperatore nell’892 da papa Formoso, quindi invalidando gli atti del papa si annullava anche la sua incoronazione. È inoltre un’ipotesi quella che vedrebbe Lamberto e sua madre nel ruolo di istigatori del processo a papa Formoso, ma è certo che non lo impedirono. O forse pensarono bene di giocare la carta della “macabra spettacolarizzazione” per mostrare i muscoli e far sapere ai sovrani d’Oltralpe che era finito il tempo di scendere in Italia e farsi incoronare re e imperatore. In Italia c’era un partito italiano appoggiato dal pontefice: la musica, insomma, era cambiata. D’altronde dopo l’annullamento degli atti di papa Formoso la nuova incoronazione di Lamberto era un atto di pura formalità. Ma le cose per il partito italiano non andarono per il verso giusto. Dopo il processo, a Roma ci furono rivolte fomentate dal partito filo-germanico, lo stesso Stefano VI fu catturato e ucciso (897). Lamberto morirà nell’autunno dell’898 e Ageltrude si ritirerà in un monastero. Sarà papa Teodoro II a riconoscere la validità delle ordinazioni e tutti gli atti emessi da papa Formoso.