Sedusse Napoleone III per convincerlo di appoggiare l’esercito piemontese nella II guerra d’indipendenza
Bellissima e sfrontata ebbe tanti amanti illustri, ma dopo la sua morte la polizia bruciò tutte le sue lettere e documenti compromettenti
Bella che più bella non si può. A dirlo, nelle corti europee del XIX secolo, erano proprio tutti. Al punto che se ci fosse stata allora una manifestazione di bellezza, come se ne vedono tante oggi, l’avrebbe vinta lei. E chi se no. La principessa di Metternich l’aveva definita «una statua di carne», e lei era sempre stata consapevole della propria bellezza. Era altresì ambiziosa e intelligente, colta, parlava inglese, francese e tedesco, insomma aveva tutte le carte in regola per frequentare e affascinare i salotti dell’alta società europea. La sua arma fu dunque la seduzione, e la nobildonna – stando alle fonti – tradì più volte il marito, Francesco Verasis Asinari, innamoratissimo di lei fino alla tomba, con più di 40 uomini, e fu l’amante di tanti contemporaneamente all’insaputa l’uno dell’altro. “Corpo di Venere”, “Regina di cuori”, la nuova “Elena di Troia”, spregiudicata amante degli uomini potenti del tempo, si compiaceva di aver «fatto l’Italia e salvato il papato», ma dopo aver trascorso poco più di un anno alla corte di Francia, tra le braccia di Napoleone III, cadde in disgrazia. Diceva che «ogni donna ha il dovere di essere bella, non per sé, ma per gli altri. Per sé invece, deve essere ambiziosa, astuta e agguerrita». Aveva una personalità complessa Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini Verasis Asinari, contessa di Castiglione, la “divina Castiglione”, considerata dagli uomini la più bella del Secolo, e manco a dirlo odiata dal gentil sesso proprio perché con le sue grazie nascoste arrivava ovunque. Il suo giudizio sulle altre dame, visto il personaggio, era scontato: «Le eguaglio per nascita. Le superò per bellezza. Le giudico per ingegno». Dove passava lei sconvolgeva la moda e la morale, tanto che una volta si dice che per andare a un ballo si cosparse il corpo di colla e si rotolò tra le piume. Nacque il 22 marzo del 1837 a Firenze. Era figlia del marchese Filippo Oldoni e della contessa Isabella Lampecchi, cugina di Camillo Benso conte di Cavour. Il matrimonio con il conte di Castiglione, dal quale ebbe un figlio, la introdusse alla corte dei Savoia e da quel momento iniziò a tessere la rete delle sue amicizie influenti. Ebbe quasi certamente una love story con Vittorio Emanuele II e con altri personaggi illustri del suo tempo. Ma il salto di qualità, si fa per dire, lo fece nel gennaio del 1856, quando il cugino Cavour le affidò il compito di sedurre l’imperatore Napoleone III per convincerlo di appoggiare l’esercito piemontese nella Seconda guerra d’indipendenza combattuta contro gli austriaci, nel tentativo di cacciarli dal Lombardo-Veneto. Naturalmente la missione riuscì alla perfezione. «Riuscite, cara cugina» le aveva detto Cavour. «Usate tutti i mezzi che vi pare, ma riuscite». E la nobildonna ben presto finì nel letto di Napoleone III e rimase alla corte di Francia per circa un anno, vivendo tra lo sfarzo e l’invidia di chi faceva fatica a sopportare la sua presenza. Una su tutte, l’imperatrice Eugenia, che architettò un piano per allontanarla in maniera definitiva da corte, si dice mettendo in scena il tentato omicidio dell’imperatore proprio quando questi si trovava nell’abitazione dell’amante. Il piano funzionò, e la nobildonna italiana cadde in disgrazia anche se l’intrigo internazionale, sul campo politico-militare tra piemontesi e francesi, avrebbe dato comunque i suoi frutti.
La contessa era solita dire che se anziché a Castiglione fosse andata a Parigi, invece di una spagnola – Eugenia, la moglie di Napoleone III – ci sarebbe stata una italiana sul trono di Francia. Ma tant’è. La divina Castiglione, sex symbol del XIX secolo, morì a Parigi il 28 novembre del 1899. Lei, che aveva conosciuto re, politici, banchieri e cardinali, che era stata l’amante di Napoleone III e del banchiere Rothschild, che aveva conosciuto Bismarck, Pio IX e tanti principi del suo tempo, aveva trascorso gli ultimi anni di vita sola e con qualche difficoltà economica. Dopo i funerali i poliziotti in servizio presso l’ambasciata italiana bruciarono lettere e documenti sicuramente compromettenti, materiale preziosissimo che avrebbe potuto gettare nuova luce oppure svelarci qualche aneddoto o segreto inconfessabile su un periodo decisivo per le sorti del Regno d’Italia. Sono arrivati fino a noi i diari, scritti in modo preciso, dove aveva tradotto le sue emozioni in un alfabeto dell’amore., e senza che risparmiasse i dettagli di alcuni suoi incontri amorosi. È fuor di dubbio che la divina Castiglione ha offerto un contribuito sulle questioni dell’indipendenza italiana. Certo, il suo campo di battaglia fu un altro, ma le sue avventure patriottiche tra le lenzuola con l’imperatore francese risultarono decisive per le future alleanze politico-militari di Caovur, e poco importa se Urbano Rattazzi non passerà alla storia come un gentleman, quando la chiamò “La vulva d’oro del nostro Risorgimento”. In fondo lui aveva avuto la sfrontatezza di sintetizzare in una frase ad effetto il pensiero di un bel po’ di persone.