Don Carmine Cortese,
il prete soldato
Presentato a Spilinga il "Diario di guerra 1916-1917" di Don Carmine Cortese
di Pasquale Russo
Spilinga (VV) - A Spilinga è stata una gran festa popolare
il 25 aprile 1998, giorno della Liberazione. Ma il motivo della corale partecipazione di
tutti gli abitanti del centro agricolo del vibonese è da ricercarsi nella rivisitazione
della memoria collettiva di un prete-soldato che fu parroco di Spilinga dal 1933 alla sua
morte avvenuta nel 1952.
Don Carmine Cortese, tropeano di nascita (1887), è sentito ancora vivo ed è venerato
come maestro di vita da tutti coloro che lo hanno conosciuto, i ragazzi di allora oggi
persone mature, e i giovani di oggi che ne hanno sentito l'affettuosa memoria.
Antonio Pugliese da anni va raccogliendo tutto quanto è appartenuto a Don Carmine ed ha
potuto presentare ben 58 quaderni di inediti, ma soprattutto ha offerto al pubblico
attento che gremiva il salone delle Scuole elementari il "Diario di guerra", le
note scritte al fronte dal cappellano militare don Carmine Cortese e ora pubblicate
dall'Editore Rubbettino.
La prefazione di Lorenzo Bedeschi indica i vincoli stretti che uniscono i cappellani
militari; la presentazione di Pietro Borzomati motiva la scelta di inserire l'opera nella
collana "Spiritualità e promozione umana" da lui diretta.
La manifestazione di Spilinga, culturale ma anche religiosa, una commemorazione ma
soprattutto una festa, ha fatto emergere la personalità di Don Carmine Cortese nella sua
dimensione spirituale, pastorale, culturale. Iniziò gli studi nel seminario di Tropea e
li completò a Roma nel Collegio Apostolico Leoniano, dopo un'interruzione nel 1912 quando
partecipò da soldato semplice alla guerra di Libia.
Nel 1913 fu ordinato sacerdote e fu richiamato alle armi nel 1915, come cappellano
militare. Dopo Caporetto fu fatto prigioniero e internato nel campo di concentramento di
Josephstadt (Boemia). Ritornato in diocesi a Tropea fu parroco di S. Caterina e assistente
dell'Azione Cattolica, fondò il circolo "Fede e lavoro", portando avanti una
intensa attività di promozione culturale e sociale per i lavoratori e i giovani studenti.
Convinto antifascista, subì emarginazione e persecuzione anche all'interno
dell'istituzione ecclesiastica. Trasferito nel 1933 a Spilinga, svolse una intensa e
appassionata opera di pastore e di educatore popolare fino alla morte, avvenuta nel 1952.
Ma la sua memoria rimane viva e benedetta presso una collettività operosa che lui ama di
amore profondo e gratuito.
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