Messaggio del vescovo Luigi Renzo per il Natale
E’ possibile fare Natale con tanta cattiveria che ci circonda? Si uccide per un parcheggio o per un fazzoletto di terra; non si consente agli altri di vivere dignitosamente; si estorce denaro con la violenza; si arriva a tagliare mille piante di ulivi per colpire una cooperativa di giovani; si tradiscono gli affetti più sacri sfasciando le famiglie…
E’ possibile se ci si lascia conquistare dal Bambino che nasce.
Parole di speranza, nonostante tutto. E la crisi che stiamo attraversando può aiutarci a riacquistare una dimensione umana.
Ai Sacerdoti, Religiosi, Religiose, Fedeli laici
Carissimi,
il Natale è festa di pace, è festa della famiglia: il Figlio di Dio, “Colui che i cieli non possono contenere”, si è fatto uomo, si è fatto uno di noi, ha preso dimora tra noi!
Dio si fa uomo per insegnarci ad amare, per educarci alla fratellanza, alla pace, alla condivisione. È venuto dal cielo sulla terra per accendere il “focolare” dei cuori; per costituirci tutti figli dello stesso Padre e stabilire tra gli uomini una sola grande famiglia. L’umanità intera, quindi, è un’unica famiglia, fondata sulla paternità divina e sulla fraternità universale.
È un sogno, questo, che si infrange, purtroppo, sul nostro vissuto quotidiano dove spesso la fraternità è una vera chimera e si scontra con l’arido vivere di ogni giorno.
In un articolo pubblicato durante il secondo conflitto mondiale, lo scrittore Curzio Malaparte provocatoriamente metteva in evidenza la grande ipocrisia del Natale: si dice che sia la festa dell’amore e della pace, mentre al contrario gli uomini si odiano, si uccidono, si distruggono con la guerra! Con amarezza dobbiamo riconoscere che questo è il melodramma che ancora oggi va in scena nei teatri, nelle strade e nelle piazze di questo nostro mondo contraddittorio e strano. Si potrebbe vivere così bene ed invece si preferisce costruire strumenti di morte.
Viene da chiedersi, allora, se il Natale che viviamo sia un vero Natale, quando tra noi ancora domina l’odio e la sopraffazione; ci si uccide per un parcheggio o per un fazzoletto di terra; non si consente agli altri di vivere dignitosamente; si estorce denaro con la violenza; si arriva a tagliare mille piantedi ulivi per colpire una cooperativa di giovani; si tradiscono gli affetti più sacri sfasciando le famiglie; la vita propria e altrui è poco più che un gioco a perdere e via dicendo. Che Natale possiamo festeggiare quando dilagano sofferenze e brutture morali di ogni tipo, una mentalità diffusa di prevaricazione e di prepotenza, di vuoto di valori umani e sociali? Vale la pena festeggiare il Natale?
Verrebbe da scoraggiarsi, eppure, malgrado tanta cattiveria, malgrado la paganizzazione e lo svuotamento sostanziale della festa religiosa, noi cristiani non possiamo demordere, dobbiamo anzi tenere duro e riappropriarci del Natale di Gesù nel suo significato più genuino ed originale. Pur in questa grave perdita di senso è necessario riprendere e celebrare in modo vero ed intimo il santo evento di Betlemme. Accanto al male, del resto, non dimentichiamo che nel mondo c’è per fortuna tanto bene, su cui fare leva e continuare a sperare.
“Nella notte del mondo – ci diceva nel Natale dello scorso anno il Santo Padre Benedetto XVI – lasciamoci ancora sorprendere e illuminare da questo atto di Dio, che è totalmente inaspettato: Dio si fa Bambino. Lasciamoci. sorprendere ed illuminare dalla Stella che ha inondato di gioia l’Universo. Gesù Bambino non ci trovi impreparati, impegnati soltanto a rendere più bella la realtà esteriore. La cura che poniamo per rendere più splendenti le nostre strade e le nostre case ci spinga ancora di più a predispone il nostro animo ad incontrare Colui che verrà a visitarci, che è la vera bellezza e la vera luce. Purifichiamo quindi la nostra coscienza e la nostra vita da ciò che è contrario a questa venuta: pensieri, parole, atteggiamenti e azioni, sproniamoci a compiere il bene e a contribuire a realizzare in questo nostro mondo la pace e la giustizia per ogni uomo e camminare così incontro al Signore”.
Parole sante queste del Papa che non possono non farci del bene. Nelle nostre case è buona tradizione fare il presepe. In questo anno, in cui la nostra chiesa diocesana riflette sulla famiglia, il presepe sia avvertito come espressione sentita dell’attesa di Dio che si accosta a noi, entra nelle nostre famiglie, si fa nostro familiare.
Il presepe, genuina tradizione di fede cristiana, possa rappresentare in famiglia e nel cuore di ognuno l’immagine del “Dio con noi”, che sceglie e predilige la serenità della casa e della famiglia come luogo privilegiato dove rendere appetibile il suo amore “fatto carne”. Anche il presepe sia vissuto come gesto di fede, come luogo educativo intorno a cui la famiglia si ritrova al completo per ricevere e dare amore, per ricevere e dare benedizione.
In questo tempo, poi, di crisi di valori etici, di crisi di rapporti umani e sociali significativi, di un cristianesimo annacquato e svuotato di contenuti, quale occasione migliore per liberare il Natale ed ogni espressione di religione dalle incrostazioni consumistiche e materialistiche, ricuperando e riscoprendo il valore della semplicità, della solidarietà, della sobrietà e gustare a fondo lo spessore spirituale dell’incontro di Dio con l’uomo? Non è questa la “buona, notizia” portata dagli Angeli ai pastori di Betlemme?
Il mio augurio, fratelli carissimi, è che il Natale segni per tutti l’inizio di un percorso nuovo di vita; sia l’opportunità preziosa per meditare e dare sapore evangelico alle nostre scelte; sia per ogni famiglia la scoperta di essere “la piccola chiesa domestica” di Gesù dove si prega e si esperimenta comunitariamente la fede e l’amore. Il Natale sia non solo la festa “carezzevole” per contemplare teneramente il nato Bambino, ma si trasformi provocatoriamente in festa “urtante” che ci aiuti a scuoterci dal nostro torpore religioso: come il Figlio di Dio nascendo è venuto a sporcarsi nelle nostre debolezze per purificarle e redimerle, così noi, uscendo dalla nostra “ego-latria”, dal culto di noi stessi, possiamo diventare lievito nuovo e “stella illuminante” del cammino della storia, della comunità, della società intera.
Con questa speranza, auguro a tutti un Natale di bene e di pace sotto la materna protezione della Vergine Maria, Madre dell’Emanuele.
Mileto, 27 novembre 2011 • Prima domenica di Avvento
+ Luigi Renzo