L’unico modo per salvare l’ospedale è una presa di posizione popolare sulle risorse dovute
La chiusura dell’unità operativa complessa di urologia nell’ospedale di Tropea, e il suo trasferimento al presidio di Vibo Valentia, è ormai una certezza
L’ubriacatura per l’elezione della nuova giunta regionale lascerà presto il posto, a Tropea e dintorni, allo spaesamento per la raggiunta dell’ultimo stadio dello smantellamento del nostro presidio ospedaliero. La chiusura dell’unità operativa complessa di urologia nell’ospedale di Tropea, e il suo trasferimento al presidio di Vibo Valentia, è ormai una certezza della quale si percepisce il sentore negli ambienti sanitari provinciali, soprattutto in vista del pensionamento del suo attuale direttore. La nota triste che inevitabilmente accompagnerà la vicenda sarà il “campanilismo” che sembrerà accompagnare ogni rivendicazione che si opporrà ad un trasferimento del reparto verso luoghi “più profittevoli”, sia a livello politico che puramente economico, secondo i principi aziendalistici che ormai da 28 anni guidano le strutture sanitarie.
Ciò che i cittadini esigono, però, non è “avere qualcosa a discapito di altri”. Quello che pretendiamo, come popolazione della costa turistica più importante della regione a livello di visibilità, è che le amministrazioni locali, la nuova giunta regionale e i rappresentanti del governo riconoscano le radici della mancanza di risorse in questo settore fondamentale. Problemi radicali che se fossero affrontati non costringerebbero a scelte di vita o di morte tra comunità locali.
Si evita sempre di denunciare la causa per cui i nostri ospedali cadono a pezzi. Essa è che la spesa per la sanità pubblica in Calabria è 232 milioni in meno di quella che sarebbe se fosse in linea con la media pro-capite nazionale. Se lo fosse la nostra sanità non sarebbe neanche commissariata. Una delle ragioni è che nel riparto dei fondi si privilegia la spesa storica e ove questo non accade il calcolo dei fondi necessari per erogare i LEA è realizzato con una media pro capite pesata per età, non pesata per la diffusione delle malattie sul territorio. Tutto ciò è tristemente incostituzionale (art. 3 e art.119). Le maggiori obiezioni alla richiesta di ulteriori fondi sono che ciò metterebbe in difficoltà il bilancio dello Stato. Ma questa è una falsità che vuole nascondere la mancanza di volontà politica di prendere le risorse dai settori meno tassati e più parassitari dell’economia. Un esempio su tutti: secondo i calcoli fatti da Diw Berlin qualche anno fa una imposta sulle transazioni finanziarie su una larga base imponibile, con un’aliquota dell’1% per entrambe le controparti sugli scambi di azioni e bond sul mercato secondario e dello 0,1% sulle transazioni di derivati, l’Italia avrebbe un gettito fiscale di 32,9 miliardi all’anno anche considerando un’evasione fiscale del 15%. Per non parlare delle risorse che lo Stato potrebbe investire nel sistema sanitario imponendo per un tempo limitato una tassa dell’1% sulla ricchezza delle famiglie più ricche (parliamo dell’1% più ricco, un numero sparuto di famiglie).
Volontà politica permettendo, ci sarebbero abbastanza risorse per incrementare borse di studio a livello generale e posti letto in tutti gli ospedali della regione. L’ospedale di Tropea ha imminente necessità di una sala di rianimazione che renda possibile operare e farlo in sicurezza, ha bisogno di nuovi reparti come, ad esempio, ginecologia, molto sentito dagli abitanti locali. La popolazione non dovrebbe accettare nessuna tergiversazione o pretesto per la mancanza di impegno verso l’ospedale locale (e verso gli altri presidi). Essa si aspetta una imminente attività di pressione da parte del nuovo governo regionale, oltre che delle amministrazioni locali.
Calabria Sociale – associazione di promozione sociale, Tropea