Riflessioni ad alta voce dell’On. Nesci del M5S
La Nesci parla di politica regionale e locale, con particolare riferimento agli eventi culturali del vibonese
Sono due le variabili che interferiscono nella vita politica e sociale della Calabria: la collusione e l’inadeguatezza della classe dirigente. Variabili che condizionano, che intimano, che suggono le energie buone togliendole alla terza variabile, che fornirebbe la svolta: la visione d’insieme, da cui dipende il futuro.
Nella società calabrese è largamente diffusa la convenienza politica. Il qualunquismo domina, non di rado nascosto da lotte astratte, apparenti.
Penso a Tropea, la mia città. Penso alle difficoltà che si ripresentano ad ogni stagione turistica, sempre più ridotta; ai piccoli risultati come la differenziata nel centro storico; agli eventi culturali del Vibonese e della regione, sfruttati da politici istrionici, abituati a posare in occasione di convegni e conferenze stampa.
Ci sono eventi ben riusciti, altri imbarazzanti, a volte svuotati per lasciarne solo una stucchevole parata.
Mi chiedo quale disegno ci sia dietro la volontà di affossare il buono, il bello e il gradevole. Me lo chiedo e – da cittadina consapevole prima, da deputato della Repubblica poi – mi rispondo e condivido con voi le mie conclusioni.
C’è un Presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, che fa capo al partito del pregiudicato Berlusconi. Il condannato d’Italia, infatti, per mezzo dei seguaci detta ancora legge in Calabria; sicché qui tutto è possibile. Possibile ad esempio che ci sia una giunta regionale composta da personaggi da definire gattopardeschi, se non fossero già indagati per svariate ruberie. Possibile che ci siano figuri come Demetrio Arena, già sindaco del Comune di Reggio Calabria sciolto per mafia e promosso assessore regionale alle Attività produttive, dichiarato da poco incandidabile.
Ricordo, poi, che ci sono i forzisti e “forzati” Piero Aiello e Amedeo Matacena: l’uno indagato per voti di ‘ndrangheta, l’altro arrestato per presunti rapporti con la criminalità organizzata.
Insomma qui tutti possono essere qualcuno, tutti hanno una, due, cento, mille opportunità, a patto di delinquere. Come il Cetto La Qualunque di Antonio Albanese.
Tutti tranne i calabresi normali che attendono occasioni, sovente svendute ai venduti.
Da troppo tempo l’istruzione, la formazione, l’arte e la cultura non hanno più un posto degno in questo Paese. Per questo la Calabria, più di altre Regioni del Sud, ha bisogno di un aiuto. Ha bisogno di bellezza e pensieri di libertà. Sappiamo che un simile degrado culturale è funzionale alla politica del bisogno, che affama. Più hai fame, più il resto non conta. Più hai fame, più perdi il senso di te, della tua dignità, quindi della consapevolezza.
Sono queste le basi per cui la Calabria resta sottomessa, appiattita, sorda. Nel conteso, gli eventi culturali e artistici non sono un mezzo per elevare lo spirito e poi la materia, ma merce di scambio per chi produce clientele e chiede prebende. Non preoccupatevi: la massoneria e la mafia sono altro.
In Calabria, dopo le spumeggianti presentazioni di progetti ed eventi culturali, si contano sulle dita di una mano quelli in grado di incidere con continuità e qualità. Siamo quelli del «come viene viene», del «chiudiamo un occhio» e del «futti cumpagnu».
Bisogna smetterla di maneggiare gli eventi culturali come fossero proprietà privata, come beni di cui disporre a piacimento. Questo vale tanto per gli amministratori, che non devono fare alcuna concessione regia agli organizzatori, che per costoro. Perché un evento culturale è un bene comune da tutelare e promuovere.
Le figuracce – come quelle con l’attore Enrico Montesano al Magna Grecia Teatro Festival – lasciano il segno. Doveva seguire una presa di posizione dell’assessore regionale alla Cultura Mario Caligiuri, indirettamente responsabile e zitto. Poi, restare inermi in seguito alla mancata realizzazione del Tropea Blues Festival è un vero delitto.
C’è da stare in pena per lo scenario desolante che il Tropeano deve sorbire ciclicamente sul mantenimento in vita dell’amministrazione di turno. Balletti più o meno volgari che inscenano prostrazioni, servilismi, mediocrità: tutti con un capro espiatorio, cercato con neppure troppa fantasia. A questo giro è la volta dell’assessore comunale alla cultura Lucio Ruffa, chiamato grillino a mo’ di sfottò, ritenuto la causa della mancata realizzazione del festival del blues e anche del mal tempo.
Tanto per esser chiari, chiunque può sentirsi movimentista, attivista, simpatizzante del Movimento Cinque Stelle, ma a parlare a nome del M5S nazionale non possono che essere gli eletti in parlamento. A livello locale, invece, hanno titolo solo quanti hanno presentato una lista civica certificata da Beppe Grillo.
Queste sono le nostre regole, inutile disquisire sul grado di “grillismo” di qualcuno. Il M5S non prevede tessere di partito, ma una semplice iscrizione al blog beppegrillo.it, che permette di partecipare ai sondaggi proposti.
Spiegato l’abc del M5S, chiunque può incarnare lo spirito del movimento – improntato sull’onestà, la partecipazione e la trasparenza – se ne rispetta i princìpi cardine e ne promuove le attività.
Detto questo, trovo offensivo per l’intelligenza collettiva, il comportamento di chi – come il coordinatore cittadino del Pdl, avvocato Nino Macrì – vomita invettive, ovviamente precedute dall’immancabile dichiarazione di fedeltà al Condannato d’Italia (cfr. Manuale del buon Berlusconiano), credendo di poter dirigere sempre le sorti della Città di Tropea e dirottare l’amministrazione di turno – o almeno ci prova!
E se è vero che l’importante è partecipare, non è necessario farlo a spese dei tropeani. È insopportabile la superbia di certi soggetti che mortificano i cittadini. Tropea non merita questo trattamento. Tutti i cittadini onesti e capaci dovrebbero avere uno scatto di orgoglio e sostanziare una valida alternativa al vuoto pneumatico della politica locale. Chi può, deve!
Deputato Movimento Cinque Stelle