Casa da gioco a Tropea
Pizzo lo reclama e noi stiamo a guardare
Come fare per destagionalizzare il turismo? Cosa manca all’offerta turistica locale per conquistare l’interesse di nuovi mercati? Che tipo di strutture potrebbero finalmente creare un indotto capace di rispondere alla richiesta di nuovi posti di lavoro? Sono tutti interrogativi, questi, che vengono riproposti ciclicamente. Il turismo, del resto, è la nostra unica industria, anche perchè il territorio della provincia, nonostante la carenza di collegamenti rapidi, ha un patrimonio storico e artistico importante, ed è ricco di beni paesaggistici e ambientali di tutto rispetto. Eppure la Calabria, e la provincia di Vibo Valentia in particolare, arranca in quest’ultimo periodo. Per far ripartire il turismo, puntando proprio su Tropea, il senatore Francesco Bevilacqua ha presentato lo scorso novembre un disegno di legge1 (il n. 2426, costituito da sette articoli), per la realizzazione di una casa da gioco nella “Perla del Tirreno”. Commentando questa sua iniziativa, il politico del Pdl aveva detto: «La presenza di un casinò potrebbe costituire un completamento delle strutture turistiche esistenti, nonché un elemento trainante per tutta l’economia della zona, non solo in termini di aumento delle presenze turistiche, ma anche di ritorno economico per tutto il territorio». Il casinò, rimanendo attivo per dodici mesi l’anno, offrirebbe infatti grandi benefici per occupazione e sviluppo. Studi specifici di settore avvalorano quanto sostenuto dal senatore vibonese, poiché la situazione, in Europa, è nettamente avanti rispetto all’Italia. Sono ben 650 le case da gioco nel vecchio continente, e di queste soltanto quattro sono nel belpaese. Tropea, dopo Campione d’Italia, Saint Vincent, San Remo e Venezia, potrebbe ospitare il quinto casinò italiano. Per Bevilacqua, questa struttura farebbe aumentare la capacità attrattiva di Tropea e andare incontro alle richieste di un mercato turistico ormai internazionale ed esigente. Inutile dire che il casinò rappresenterebbe una fonte di introiti per le casse dissestate delle nostre amministrazioni, nelle quali, secondo quanto contenuto nel “ddl-Bevilacqua”, verrebbe versata una significativa percentuale dei guadagni, da reinvestire in infrastrutture, beni culturali, arredo urbano. «I proventi derivanti dalla gestione – è scritto nel ddl – sarebbero ripartiti come segue: 60 per cento al comune di Tropea con l’obbligo per l’amministrazione di destinarne la metà ad attività infrastrutturali, il 30 per cento alla Provincia con l’obbligo di investirli per il recupero dei beni culturali, e, per finire, il 10 per cento alla Regione in modo che possa destinarli alla promozione di attività turistiche». Ma questa gallinella dalle uova d’oro, che porterebbe tra l’altro ad una ricaduta occupazionale non indifferente, fa gola a molti. Da Lamezia Terme e Pizzo Calabro, infatti, giungono critiche alla designazione di Tropea come luogo ideale per l’istituzione della casa da gioco. Se la scelta di Lamezia potrebbe essere scartata per lo scarso appeal turistico della città dell’istmo, secondo molti, invece, la cittadina napitina avrebbe le carte in regola per ospitare la struttura, essendo comunque più vicina rispetto a Tropea all’aeroporto internazionale e allo svincolo autostradale dell’A3. Queste considerazioni sono però superficiali, poichè tali vie di comunicazione non sono certo nè quelle preferite dai giocatori abituali, nè le uniche. Tropea ha dalla sua un porto turistico di tutto rispetto, che potrebbe accogliere le imbarcazioni dei potenziali utenti del casinò. Si pensi, infatti, all’apertura di un casinò nel quartiere della Marina. L’area potrebbe essere finalmente valorizzata ed è ideale per vari motivi: la vicinanza all’approdo locale, la presenza di un nuovo parcheggio e (si spera presto) di un ascensore di collegamento con il centro storico, permetterebbero la definitiva integrazione urbana con il resto della città. Contro Tropea, inoltre, Pizzo non regge il confronto per quantità di turisti stranieri: tedeschi, inglesi, americani sono innamorati della nostra città e potrebbero essere clienti ideali per il casinò, poichè nei loro paesi esiste da tempo la cultura delle case da gioco. Questo sembra essere chiaro anche al promotore del disegno di legge, che ha affermato: «La scelta di Tropea quale sede di una casa da gioco deve ricercarsi da un lato nella vocazione turistica che la cittadina ha sempre dimostrato, ritrovandosi ad essere la meta prescelta da migliaia di turisti italiani e stranieri, e dall’altro nella necessità di rilanciare il territorio che, nel corso degli ultimi anni, ha subito una consistente perdita di quote di mercato in favore di altrettante rinomate località turistiche straniere». È strano, comunque, che mentre a Pizzo la questione abbia scatenato molte reazioni, a Tropea sia passata quasi in sordina. Eppure, lo stesso Bevilacqua ha capito che la «presenza di un casinò costituirebbe un completamento delle strutture turistiche della cittadina nonchè un elemento trainante per l’economia di tutta la zona in termini di aumento delle presenze turistiche, di rilancio dei settori collegati e sul piano delle risorse finanziarie». Bevilacqua spiega inoltre che «Rispetto alle numerose proposte di legge presentate in passato in riferimento all’apertura di nuove case da gioco in Italia sono oggi venuti meno i dubbi di carattere morale, poichè lo Stato, con lotterie e giochi vari, è di fatto promotore di attività che possono senz’altro assimilarsi al gioco d’azzardo». Il ddl prevede inoltre l’applicazione delle norme anti-riciclaggio per tutto il personale che dovrà operare nella struttura, e la revoca o la sospensione dell’esercizio nei casi di violazione delle norme regolamentari. Se il disegno di legge dovesse passare, secondo il primo articolo dello stesso, toccherebbe al presidente della Regione Calabria, su richiesta del sindaco di Tropea, previa delibera del Consiglio comunale, autorizzare l’apertura della casa da gioco. Regolamento e disciplina del casinò sarebbero poi decisi dal presidente della Giunta regionale, previa deliberazione e con un proprio decreto, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.