Fede e dintorni

Buone opere come vanità

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Buone opere come vanità.

Il rischio di una beneficenza ipocrita in mezzo a noi è sempre presente.
– Come si fa a pagare una cena duecento euro e poi far finta di non vedere un uomo affamato all’uscita dal ristorante? E come si fa a parlare di digiuno e penitenza quaresimale  e poi non pagare i contributi alle collaboratrici domestiche o il giusto stipendio ai propri dipendenti ricorrendo al salario in nero?
– C’è il rischio continuo di voler apparire buoni facendo una “bella offerta”ad una iniziativa umanitaria, mentre si sfruttano le persone. E c’è anche chi si illude di riscuotere ammirazione e riconoscenza facendo offerte in pubblico, che però hanno in sé il virus della ipocrisia.

La liturgia in questo tempo di quaresima ci propone brani di profeti e del vangelo per metterci in guardia di fare le buone opere illudendosi di ingannare Dio. Ingannare le persone, è facile; ingannare Dio, no. Egli ci conosce perché Egli ci ha fatto.
♦ No quindi alla beneficenza ipocrita. Dio ci fa sapere attraverso il profeta Isaia: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo senza trascurare i tuoi parenti?».
♦No alla beneficenza al fine di riscuotere ammirazione e riconoscenza, e farla in barba a tutti.

Ecco come Papa Francesco racconta la triste storia di un ipocrita che offre una busta con dieci dollari.
«Mi viene in mente una storia che ho sentito raccontare da padre Arrupe», il religioso spagnolo che è stato Preposito generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983:
♦ «Quando lui era missionario in Giappone, all’inizio, pieno di zelo apostolico, dopo la bomba atomica, ha fatto un giro per alcuni Paesi del mondo per suscitare questo zelo apostolico, chiedere preghiere per la missione del Giappone e chiedere anche degli aiuti.
E faceva delle conferenze e spiegava. Era un uomo di grande zelo apostolico e un uomo di preghiera, davvero».

♦ Padre Arrupe, parlando di ipocrisia, raccontò che un giorno, dopo una conferenza, gli si avvicina una persona molto importante della società di quel Paese e gli dice: “Sono rimasto commosso, padre, di quello che lei ha detto. Io vorrei aiutarla. Venga da me, al mio ufficio, domani, perché io vorrei dare un’offerta, un aiuto. L’aspetto domani».
♦ E così il giorno dopo il gesuita andò da lui; ma quell’uomo lo aspettava con un fotografo e con un giornalista. Era un affarista conosciuto e gli dice: “Padre, grazie tante”.
♦ Ha fatto un piccolo discorso, ha aperto il cassetto, ha preso una busta: “Questa è l’offerta per il Giappone che io voglio dare. Grazie tante”.
Hanno parlato un po’ e se ne è andato. Ha fatto un’altra conferenza. Poi dà la busta al segretario che lo aiuta.
Allora il segretario gli chiede: “Ma, padre, questa busta chi gliel’ha data?”
– “Quel signore, per ringraziarmi”
– “Ma dentro ci sono solo dieci dollari!”».
(fonte: Osservatore Romano, 03 marzo 2017).

Dice Gesù: “Quando tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Mt 6, 1,3-4)

La tangente della vanità delle buone opere, un pericolo per chi vuol fare il bene. – Come si fa a pagare una cena duecento euro e poi far finta di non vedere un uomo affamato all’uscita dal ristorante? E come si fa a parlare di digiuno e penitenza e poi non pagare i contributi alle collaboratrici domestiche o il giusto stipendio ai propri dipendenti ricorrendo al salario in nero? C’è il rischio continuo di cadere nella tentazione della «tangente della vanità» delle buone opere. (Papa Francesco). – “Quando tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. (Mt 6, 1,3-4).

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