Attualità Fede e dintorni

Beati, beati… Beato chi crede.

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

 

Beati, beati… Beato chi ci crede.

Solo se si crede, si entra nella beatitudine (e quindi nella felicità). E le fede non può essere merce di scambio: “Signore, io credo se mi dai quanto ti chiedo”. Le parole di Gesù non sono tanto un comando: «dovete essere poveri, miti, puri ecc.», ma una rivelazione: “potete esserlo!”. Allora la fede si fa preghiera; “O Padre, tu sai ciò che è bene per noi e in Cristo ci hai mostrato il volto di un uomo beato, perché giusto, puro, misericordioso e fedele. La storia di Raoul Follereau, giornalista francese di successo, poeta e filantropo, nel cui ricordo si celebra oggi la  Giornata per i malati di lebbra, è tutta una testimonianza di fede nelle parole di Gesù. 

Beati, beati… Ma ci vogliamo credere veramente alle parole di Gesù?
♦ Solo se si crede, si entra nella beatitudine (e quindi nella felicità). E le fede non può essere merce di scambio: “Signore, io credo se mi dai quanto ti chiedo”.
Nel discorso della montagna (“beati…”) Gesù si rivolge ai suoi discepoli, a coloro che hanno già scelto di stare con lui. Egli è come il nuovo Mosè che istruisce il suo popolo con una nuova Legge che non rinnega l’antica, ma la porta a compimento.
Annunciando che sono beati i poveri, i piccoli, i miti, i puri, Gesù realizza quello che avevano annunciato i profeti nell’Antico Testamento, come Sofonia: il Signore costituirà un popolo umile e povero capace di confidare solo in Dio.
Le parole di Gesù non sono tanto un comando: «dovete essere poveri, miti, puri ecc.», ma una rivelazione: “potete esserlo!”.
Il motivo di tanta audacia è dato dalla seconda parte delle varie frasi: perché vostro è il regno dei cieli, perché sarete consolati, perché la vostra ricchezza è Dio stesso, la vostra eredità è il suo amore, il suo perdono, la sua misericordia che rende ogni credente pronto a seguire il Risorto.
Allora la fede si fa preghiera; “O Padre, tu sai ciò che è bene per noi e in Cristo ci hai mostrato il volto di un uomo beato, perché giusto, puro, misericordioso e fedele. Fa’ che la nostra vita si conformi sempre di più al tuo Figlio per essere da te benedetta nei secoli dei secoli. Amen”.

La bella storia di Raoul Follereau (1903– 1977), apostolo dei lebbrosi
♦ La storia di Raoul Follereau, giornalista francese di successo, poeta e filantropo, nel cui ricordo si celebra oggi la Giornata per i malati di lebbra, è tutta una testimonianza di fede nelle parole di Gesù.
♦ Nel 1935 seguendo, per interesse personale e come inviato speciale del giornale La Nation, le orme del missionario Charles de Foucauld, durante un safari in Africa, il giovane e promettente giornalista Follereau viene a contatto per la prima volta con la terribile realtà dei lebbrosi. La jeep con la quale viaggiava è costretta a fermarsi presso uno stagno: in quel momento dal fitto della foresta emergono i lebbrosi, dai visi impauriti e dai corpi distrutti e rovinati dalla malattia, con un disperato bisogno di cibo. ♦ Questo incontro cambia la sua vita.
Scioccato da ciò che ha visto Follereau ritorna in Francia per fare qualcosa per quei “sepolti vivi” per coloro che chiama la “sottospecie umana condannata senza appello e senza amnistia”.
♦ Quando Follereau torna in Francia, l’Europa precipita nella catastrofe della Seconda guerra mondiale: quando Hitler entra a Parigi la polizia nazista comincia a rastrellare intellettuali e politici invisi al regime. Tra questi vi è anche Follereau che negli anni precedenti aveva attaccato il regime nazista scrivendo una serie di articoli con titoli quali “Hitler, l’Anticristo”. Il soldato Follereau si rifugia così, come faranno in quel periodo molti degli uomini che costituiranno la resistenza francese, in un convento di suore alla periferia di Lione.
♦ Sempre nel 1939 madre Eugenia, superiora generale delle Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli, si era recata in un’isoletta nella laguna di Abidjan, in Costa d’Avorio: il cimitero dei lebbrosi dello stato africano. Sconvolta da quella visione suor Eugenia, tornata in Francia, si sfoga con Follereau, a cui confida di voler aiutare quella povera gente, magari costruendo a Abidjan una città, con case ed ospedali.
♦ Follereau decide allora cosa fare: esce dal convento, parte per una serie di conferenze in tutta la Francia, denunciando le condizioni dei lebbrosi e chiedendo fondi a chi è disposto a dargli una mano.
Nel 1942, in piena guerra, lancia l’iniziativa di solidarietà “L’ora dei poveri”.
Follereau continua la sua “crociata” nei duri anni successivi, mentre la guerra infuria.
Diventerà l’apostolo ricosciuto dei lebbrosi e inspirerà varie fondazioni tra cui l’Associazione italiana amici di Raoul Follereau che dal 1961 aiuta e difende i diritti dei malati di lebbra in tutto il mondo.

 

Spesso si guarda ai potenti della terra o ai ricchi con una certa invidia… Gesù proclama che la felicità non va cercata nella conquista dei beni della terra, ma nella ricchezza del cuore, nell’avvertire il bisogno di Dio. E sono gli umili, i piccoli e i senza voce che la trovano. Raoul Follereau (1903– 1977), apostolo dei lebbrosi ne è una mirabile testimonianza.

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