“A Tropea, purtroppo, non siamo nella “fiction” cinematografica”
Ritengo che sia giunto il momento di svegliarci e di incominciare a cambiare il nostro modo di pensare
Tante volte, facendo anche autocritica, molti si sono chiesti il perchè di una dolce assuefazione ad uno stato di cose permeato in toto da iniquità e aberrazione che mortifica e uccide la dignità dell’uomo rendendolo succube di gruppi di potere privilegiati che esercitano la loro leadership nelle istituzioni attraverso la costrizione dei cittadini a sottostare alla loro legge per ottenere quello che poi, alla fine, un loro preciso e sacrosanto diritto. Tante volte ci siamo chiesti il perchè di una così dolce assuefazione a siffatto stato di cose rabbrividendo al pensiero che questo modo di essere e di agire, purtroppo, non è esente da questa sottocultura insita in tutti i settori della politica dai cui rappresentanti viene utilizzata per raggiungere i propri obiettivi.
Ritengo che sia giunto il momento di svegliarci e di incominciare a cambiare il nostro modo di pensare, incominciando ognuno a fare la propria parte con serietà; il politico inizi a fare il politico con la “P” maiuscola dando garanzie e certezze a tutti i cittadini, cancellando definitivamente dal suo vocabolario la parola clientela e, soprattutto, la sottomissione alle lobby politico-affaristiche e del malaffare. Il cittadino, viceversa, si renda conto che alle istituzioni deve chiedere diritti e nel momento in cui questi diritti vengono fatti vedere come un favore ha il dovere di denunciare il fatto alla stessa opinione pubblica e alle superiori autorità istituzionali. Si renda conto, altresì, che i silenzi della coscienza non pagano. Se è vero che tacere è prudente, è pur sempre vero che chi tace spesso acconsente o ha paura. E la paura può essere figlia di un certo disagio interiore quale il dubbio che si possa essere fraintesi e non capiti, che la lettura che si da di certi avvenimenti possa incontrare poca credibilità o consensi e quindi si finisce col turarsi il naso e la bocca rimanendo in silenzio.
Ma accanto a questa propensione interiore alla dialettica esiste anche, forse in maniera preponderante, una esteriore indisponibilità dettata da una sorta di reverenziale sudditanza o masochismo intellettuale nei confronti di chi si presenta come il più forte. Questo tipo di atteggiamento psicologico e i comportamenti che ne derivano sono alla base della morte intellettuale di un uomo, di una comunità, di un paese, di una nazione. Dove non c’è libertà di opinione e quindi di pensiero non ci possono essere liberi intelletti. Dove le coscienze non sono libere di esprimersi, ma sono imbavagliate, regnano i silenzi. Laddove bisogna guardarsi attorno prima di parlare liberamente non può esistere una condizione di vera democrazia. E dove non c’è democrazia non c’è vera civiltà ed esercizio di un libero pensiero. Dove un cittadino teme di perdere dei vantaggi o qualche diritto dall’uso di un libero raziocinio, colà non solo viene mortificata la sua dignità di uomo ma gli si toglie ogni fiducia in quegli strumenti istituzionali liberamente scelti per salvaguardarlo, dove, infine, una opposizione viene relegata in un cantuccio con l’impedimento di esercitare il suo compito, colà si uccide la democrazia.
Ordunque, di chi il compito di cambiare questo stato di cose? Come intervenire su questo tipo di società? E’ veramente indispensabile manipolare o turbare le coscienze? Chi ci legittima a scandagliare l’animo dei nostri politici? Abbiamo in realtà il diritto-dovere di assolvere questo gravoso impegno di risanamento e di rinascita delle coscienze? A prescindere dalle risposte, c’è da ritenere che alla base di ogni intervento sulla società ci debba essere il presupposto che il vivere in un aggregato sociale comporta la necessità di attuare comportamenti tendenti a salvaguardare la propria e l’altrui integrità morale. Non è pertanto concepibile che si possa badare ai propri tornaconti senza curare prima quelli altrui. In un contesto sociale siamo tutti tenuti a rispettarci vicendevolmente. Chiunque osteggi questi principi o magari li calpesti si pone fuori da una logica di solidarietà comunitaria e mira solo a perseguire disegni personali.
Da quanto emarginato si evince che il silenzio su questi temi non si addice a quella coscienza comunemente chiamata civile, ma neanche alla coscienza politica, morale o religiosa che alberga in ciascuno di noi. E’ quindi compito primario di ogni cittadino coscienzioso analizzare il perchè e il come di certi fenomeni di degrado morale, sociale e politico ed indicarne le possibili soluzioni. Chiunque si sottragga a questa logica assume atteggiamenti anticomunitari, solipsistici Non intervenire, starsene in disparte, aspettare che siano altri ad affrontare i problemi di una comunità è segno di profonda insensibilità, di scarsa correttezza sociale, di vera impostura. Non è assolutamente ammissibile che si discetti ad ogni piè sospinto per le strade o nei locali pubblici proponendo tanti possibili rimedi e poi ci si nasconda dietro un paravento aspettando che altri vadano alla sbaraglio. Il che ci richiama alla memoria quel film di Totò in cui il divo nelle vesti di un fantomatico monarca, da un lato incitava i suoi alla battaglia contro il forte e temuto avversario con l’ilare motto “armiamoci e partite”, dall’altro lato con furbizia se ne stava tranquillamente in disparte con la promessa del “vi seguirò dopo”, lasciando ai suoi l’ingrato compito di affrontare il nemico. A Tropea, purtroppo, non siamo nella “fiction” cinematografica e non si può pertanto far tacere le coscienze. E’ invero grave che si assopiscano le coscienze. Ma sono ancor più gravi e inaccettabili i loro assurdi silenzi.
(Ex Direttore Sanitario Aziendale ed Ospedaliero)
Dr. Tino Mazzitelli