Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano
Storie belle… per vivere meglio
Aprire gli occhi e le orecchie.
Viviamo in una società i cui mezzi di informazione sono sempre a caccia di scoop, col dichiarato proposito di aprire gli occhi ai cittadini. Ma spesso poi le informazioni sono cattive o dette col proposito di distruggere l’obiettivo dello scoop e allora invece che luce si alza un denso fumo che finisce per annebbiare gli occhi e il cuore.
– Gli scandali succedono, ad ogni livello: è inevitabile, ma quando vengono alla luce, non devono portare lo strascico di odio, di giustizialismo e di annientamento delle persone coinvolte o addirittura estranee.
– Chi ci apre davvero gli occhi, le orecchie e soprattutto il cuore è Gesù, amico degli uomini, soprattutto dei deboli. Nel vangelo di oggi non esita a guarire un sordomuto che incontra sulla sua strada. Questo miracolo ci fa riflettere sulla efficacia della sua parola: «Apriti!». Questa parola l’abbiamo ricevuto anche noi nel Battesimo e ci ha aperto alla nuova vita in Cristo. Dobbiamo continuamente chiedere al Signore che l’azione di questa apertura resti permanente
Dal Vangelo della domenica (Mc 7,31-37)
♦ In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
♦ E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
♥ La guarigione del sordomuto esprime bene il significato dell’incontro personale e intimo che deve intercorrere con Cristo. Credere è sempre un atto personale che non si può delegare ad altri.
Gesù che porta il sordomuto in disparte lontano dalla folla, vuol farci capire che per essere suoi seguaci non basta stare tra la folla di coloro che gli vanno dietro perché sospinti da altri. Egli vuole che la nostra scelta sia libera e consapevole, che ci lasciamo prendere per mano da lui, portati a riflettere un po’ lontano dalla folla anonima, e farci sconvolgere dalla pienezza della sua grazia.
♥ L’apostolo Giacomo ricorda la scelta di Dio per i poveri e raccomanda l’imparzialità di giudizio e di comportamento (II Lettura) eliminando forme di scandalosi favoritismi personali.
(Vito Di Luca, ssp in Ladomenica.it).
Salutari parole di Papa Francesco.
♥ Bisogna riconoscersi peccatori: senza imparare ad accusare se stessi, non si può camminare nella vita cristiana. Solo così Gesù ci salva e ci trasforma.
Ma c’è però un rischio. Tutti “sappiamo di essere peccatori” ma “non è facile” accusare se stessi di essere concretamente peccatori.
Accusare se stessi è sentire la propria miseria: “sentirsi miserabili”, miseri, davanti al Signore. Si tratta di sentire vergogna. Ed è qualcosa che non si fa a parole ma con il cuore, cioè è un’esperienza concreta come quando Pietro dice a Gesù di allontanarsi da lui peccatore: “si sentiva un peccatore davvero” e poi si sentì salvato.
♥ La salvezza che “ci porta Gesù” ha bisogno di questa confessione sincera perché “non è una cosa cosmetica”, che ti cambia un po’ la faccia con “due pennellate”: trasforma ma, perché entri, bisogna farle posto con la confessione sincera dei propri peccati.
♥ Il primo passo della conversione è quello di accusare se stessi con vergogna e provare lo stupore di sentirsi salvati.
♥ C’è gente che vive sparlando degli altri, accusando gli altri e mai pensa a se stesso.
Il primo passo è dunque una grazia: quella che ognuno impari ad accusare se stesso e non gli altri.
Solo Gesù ci può aprire gli occhi e il cuore perché vediamo la nostra miseria e accogliamo la sua salvezza.