La sua figura incarna il neorealismo del dopo guerra
Il padre della grandissima artista, un calabrese di cognome “Del Duce”
Ascanio Celestini così scriveva “Lei muore prima di toccare a terra, mentre sta volando, leggera ed elegante, spinta da una forza quasi inarrestabile, ad afferrare in volo la mano del suo uomo per trarlo via, unico e solo, da quella massa di derelitti”. É il commento alla scena indimenticabile di uno dei film più belli del cinema italiano, Roma città aperta, immagine indelebile che ti viene addosso e ti travolge come un fiume in piena.
Di Anna Magnani si è detto tanto e certamente la sua figura non ha bisogno di presentazioni; lei è il cinema italiano, la sua figura incarna il neorealismo del dopo guerra in tutta l’essenza femminile, donna capace di proiettarsi dal nulla all’apice della cinematografia mondiale vincendo il primo “Oscar” italiano come migliore attrice. Se della sua biografia artistica nulla rimane ormai nascosto, di quella personale ancora resta un mistero legato alle sue origine, che le cronache raccontano come nata a Roma nel marzo del 1908, ma di cui non esiste nessun certificato di nascita. Non è solo il luogo di nascita a rimanere incerto, ma anche le notizie riferite alla sua famiglia, relativamente al ramo paterno; figlia di una sarta di origini romagnole, la Magnani, cercò negli anni di rintracciare il padre, il quale risultò essere un uomo calabrese di cognome “Del Duce”, notizia commentata dalla stessa attrice con ironia e che le fece dire di non voler saperne più nulla perché non voleva essere appellata come la figlia del “duce”. Diversi studi condotti su queste origini, come quelle effettuate dal giovane Matteo Persico, portano alla cittadina di Tropea; pare infatti che il padre della grandissima artista sia stato un tropeano, e qui molti parenti ne hanno il ricordo, anche se nulla di ufficiale può darne certezza. Se così fosse Tropea potrebbe fregiarsi dell’onore di aver dato i natali a due dei maggiori rappresentanti del neorealismo italiano, la Magnani appunto, e Raf Vallone, icone della cinematografia nazionale e mondiale. I due, che si ritrovarono a lavorare insieme nel film diretto da Alessandrini, marito della Magnani, “Camicie rosse” forse non ebbero mai contezza della loro vicinanza d’origini, trovandosi a condividere un set tutto made in Tropea. La calabresità verace, la Magnani, in un certo qual modo e forse inconsapevolmente, l’ha sempre rappresentata in tutta la sua forza espressiva, basta ricordare il ruolo di “Sor Pina” in “Roma città aperta”, storia magistralmente diretta da Rossellini e che proprio della storia di una donna calabrese raccontava, quella Teresa Gullace di Cittanova caduta sotto il fuoco nazista, immortalata nella famosissima scena della corsa verso il camioncino che avrebbe portato via l’amore di una vita.
Proprio alla Magnani è stato assegnato “Il faro-uomini che lasciano il segno” alla memoria della terza edizione, evento vibonese ideato dal promoter Piero Muscari, premio ricevuto in suo onore proprio da Matteo Persico ideatore dell’Associazione “Amici di Anna Magnani”, che tra le tante attività sta portando avanti quella che vorrebbe venisse intitolato il teatro Valle di Roma all’attrice. Della famigerata scena cinematografica già accennata, Persico racconta di aver saputo, grazie ai suoi studi che presto si materializzeranno in una biografia dell’attrice, della autenticità della caduta della Magnani tornata a casa con le ginocchia sbucciate, scena tanto carica di emozioni da non far accorgere lo spettatore di alcuni difetti di sincronismo tra audio e video. Di lei racconta qualcosa, anche il premio Oscar Osvaldo Desideri, ospite del “Il Faro”, con il quale lavorò in quattro film per la Rai e per la regia di Giannetti, intorno agli anni settanta, a cui presero parte anche Mastroianni, Massimo Ranieri, Enrico Maria Salerno; Desideri racconta di una donna forte, diretta con il dono della sintesi e della sincerità. Pensare a questa artista come ad una tropeana, riempie d’orgoglio soprattutto chi, tra i suoi conterranei, la considera a ben ragione la più grande attrice italiana, ricordata degnamente una notte di fine luglio a pochi chilometri dalla “sua” Tropea.